di Silvia Grugnaletti

Sono passati quattro anni dal mio ultimo viaggio con Educatori Senza Frontiere ed ero proprio qui, in Angola, nella comunità Criança Feliz di Huambo, insieme ai ragazzi e agli educatori che, qualche settimana fa, ci hanno accolto con grande entusiasmo e affetto.

C’era molta attesa, sia da parte nostra che dei ragazzi: siamo tutti cambiati, cresciuti, abbiamo molte cose da raccontarci, ma lasciamo che i giorni trascorrano in maniera lenta e serena, condividendo i ricordi e i pensieri di oggi.

Ci sono nuovi occhi con cui guardare questo luogo, nuove consapevolezze, più esperienza e meno ostinazione. Un nuovo obiettivo: la formazione agli educatori della comunità.

I due educatori, che lavorano quotidianamente accanto ai bambini e ai ragazzi del centro di accoglienza, li abbiamo conosciuti nel 2019 ed hanno iniziato a collaborare con noi ESF con grande motivazione e spirito di squadra. Questi anni di distanza sembrano, apparentemente, non essere passati. Abbiamo, da entrambi i lati, voglia e desiderio di iniziare un piccolo percorso di formazione insieme. Da dove partire?

Cominciamo da noi stessi e dal nostro essere educatori, due lati che non si possono scindere, allontanare, escludere: ciò che sono, dà vita e forma alla mia professione. È per questo che gli educatori dovrebbero formarsi continuamente, lavorare e riflettere sulle loro risorse e fragilità, mettersi in gioco in un percorso di continua crescita. Difficile è, per noi, sentirsi “arrivati”, formati completamente, anche dopo anni e anni di esperienza. Non basta mai ciò che sappiamo fare ed essere.

Perché? Perché lavoriamo con le persone, altrettanto uniche e portatrici di sogni, emozioni, possibilità. Ogni incontro ci insegna qualcosa, ci dà l’opportunità di migliorarci.

E se immaginassimo di essere dei supereroi, come saremmo?

L’ immagine del supereroe non è inteso come invincibile, onnipotente, insuperabile, di certo l’educatore non è tale. Ma ci piace pensare all’educatore supereroe come un personaggio che ha dei “poteri”, ovvero le proprie risorse e abilità, e delle vulnerabilità, il “tallone d’Achille” che lo rende attaccabile. Durante la prima formazione con gli educatori di Huambo, ci siamo divertiti ad immaginare di essere dei supereroi, rappresentandoci con tutti i nostri superpoteri e le nostre fragilità. E poi ci siamo chiesti “come sono diventato supereroe?”.

Uno degli educatori ci racconta:

Perché sono diventato supereroe? Perché ho incontrato persone senza affetto, direzione, propositi.
Come? Quando ho amato il figlio di un altro come se fosse mio. Quando ho cercato di dividere il mio amore con persone che, a prima vista, erano estranei e poi, dopo alcuni istanti, sono diventati famiglia. Essere educatore non è professione, è passione.

Ritrovare la motivazione iniziale è sempre utile, a volte ci ricorda il perché ed il come stiamo lavorando, ci fa comprendere se stiamo perdendo un po’ la strada iniziale, ci aiuta a fare chiarezza se siamo confusi, ci dà la possibilità di trovare, all’interno della nostra equipe di lavoro, una spalla su cui poggiarci, oppure di offrirla a chi ne ha bisogno. L’educatore non può lavorare da solo, un po’ come il supereroe, perché ha bisogno anche dei “poteri” degli altri per fare del suo meglio, perché con il suo “potere” può proteggere la vulnerabilità dell’altro e lasciare che i suoi compagni di avventura facciano lo stesso per lui. 
Creiamo connessioni con chi ci circonda, pianifichiamo linee di “attacco” e di “difesa”, siamo dei personaggi non proprio mascherati, ma sappiamo indossare diversi costumi. Ci piace viaggiare, spostarci lontano, anche solo ascoltando dei ricordi del passato o leggendo dei libri illustrati. Sappiamo sognare, dobbiamo sognare, progettare e crescere, per combattere per i nostri bambini e ragazzi, perché il loro futuro abbia bisogno di meno supereroi.

Condividi su: