di Iolanda Santoliquido

“Educare è un camminarsi dentro”, dice il Don. “Il viaggio può finire, il cammino non finisce mai”.

La Romania è stata una scoperta dolce, delicata. La mia Lucania e la Vrancea sembrano essere legate dalle stesse colline che abbracciano il cielo. Era solo il primo giorno e avevo già i polmoni pieni di casa.

Panciu è un paese piccolo, un angolino di Europa con campi distesi baciati dal sole, che circondano un’urbanistica molto comune: la piazzetta, la fontana, il parco, la scuola.

E potremmo fermarci qui, se solo non avessimo l’inclinazione ad andare a fondo.

Perché a fondo, c’è una valle, la Valea Brazi, una discesa che da turista non percorreresti mai, che sulla mappa neanche esiste.

Non ha strade asfaltate, non ci sono i fiori che scoppiano di colore nel paese. Eppure è lì, dentro Panciu. Anzi, è sotto, nei sotterranei: nelle “segrete”?

Valea è il quartiere in cui vive e sopravvive la comunità Rom di Panciu. L’acqua arriva solo in alcuni punti e non vi è smaltimento di rifiuti. Valea è il quartiere degli irriconosciuti. Di un’Europa che dorme sogni tranquilli quando non potrebbe.

Ed il Centro Pinocchio è nato proprio per rispondere a questo bisogno, per accogliere le risate e le urla dei bambini di Valea. Uragani fuori, ma con una speranza faticosa negli occhi.

Per rispondere alla mamma di N., che non può seguire sua figlia nel fare i compiti poiché non sa leggere né scrivere. O al bisogno di S., che a quattro anni cammina da solo per tutto il paese. E che non aspetta altro di essere rincorso, perché non ha mai visto qualcuno camminargli dietro, né a fianco.

Ecco, il Centro Pinocchio cammina a fianco di bambini che hanno così tanta rabbia da arricciare tutta la faccia, da stringere forte i pugni per far uscire l’ira. Il Centro Pinocchio vuole trasformare la rabbia.

E noi di ESF abbiamo colto la sfida. Poiché non c’è stata emozione più bella di vedere quegli stessi bambini illuminarsi e diventare lucciole difronte al gioco, al ballo, allo scoprire. Tutto il giorno con il petto all’infuori per difendersi e poi al Centro Pinocchio combattere per il solletico e i colori Carioca. Se non è questa la rivoluzione alla rabbia, io non ne conosco altre. E voi?

Camminarsi dentro. Sono così felice che le strade di questi bambini si siano incontrate con le mie. Incroci. Forse insignificanti, ma se io e le mie compagne di viaggiamo fossimo riuscite anche solo a trasformare un sassolino in sabbia in uno di loro, ne sarei felice.

I miei massi sì, si sono sgretolati poco a poco. Ogni volta che vedevo un sorriso comparire, questa parentesi di gioia che nessun bambino dovrebbe procurarsi con fatica.

Ma quanto è difficile andare. Chiudere gli occhi e diventare passato. È la natura dell’essere di passaggio, la matrice del morire.

Esiste un allenamento per il lasciare? Aprire e chiudere porte potrebbe funzionare?

Ma qui, a Panciu e nel mio cuore, ho appreso la più grande lezione. Che la qualità conta di più del tempo. E che anche se il partire è un po’ uno spezzare, dentro di noi ci sono strade che si sono incontrate e basta ripercorrerle per ritornare.

Perché a fondo, c’è una valle, la Valea Brazi, che ha aperto in me sentieri nuovi che non vedo l’ora di esplorare.

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