di Camilla Mori

Non posso credere che sia già il 10 agosto: ci siamo svegliate presto stamattina, abbiamo finito di fare le valigie e abbiamo lasciato quella che è stata la nostra casa-tenda per dieci giorni. 

Abbiamo inoltre salutato il luogo che ospita la comunità de “La Mammoletta” e i ragazzi con cui abbiamo passato questo tempo insieme, siamo salite in macchina e ci siamo dirette verso il porto. 

Solo nel momento in cui sono salita sul traghetto di ritorno verso Piombino, mi sono resa conto che il viaggio era finito: avevamo fatto talmente tante attività ed esperienze che mi è sembrato di essere stata all’Elba per mesi, quando però sono passati velocissimi questi pochi giorni. Prima di partire avevo deciso che sarei arrivata senza aspettative, non volevo immaginarmi come sarebbe stato, semplicemente perché volevo che la mia mente fosse libera dai preconcetti e potesse costruirsi le idee solo sulla base delle esperienze vissute.

Le esperienze e le emozioni provate durante questi dieci giorni sono state completamente nuove per me, abbiamo condiviso giochi, attività e laboratori manuali, sentimenti e vissuti diversi. 

Sono fiera di poter dire che c’è stata una parola che fin dall’inizio ha caratterizzato e contraddistinto il nostro gruppo ESF ed è stata la parola “calma”, all’inizio ci abbiamo scherzato molto su, ma poi lo abbiamo preso alla lettera: ciò che avevamo in mente prima di entrare era di farlo in punta di piedi rispettando i tempi che già ci sono all’interno della comunità, infatti tutte le attività che abbiamo proposto sono state scelte appositamente per essere affrontate in base a ciò che il gruppo sentiva come necessario e che più si poteva adattare alle dinamiche preesistenti all’interno della comunità. 

È quasi incredibile rendersi conto come delle persone sconosciute, all’inizio, possano poi diventare un gruppo composto da tante anime e pronto a camminare, nuotare, navigare e giocare insieme, in modo disinteressato per la sola gioia di farlo. 

La sfida più grande per me è stata capire come poter essere d’aiuto: cosa fare e cosa dire in situazioni nuove per me; questa difficoltà all’inizio mi ha fatto credere che avrei potuto fare poco o nulla per essere utile. Poi però ho capito che, nonostante la mia poca esperienza, potevo solo cominciare ad ascoltare, imparare da chi sa più di me e insieme a loro costruire dei piccoli pezzi di un ponte per comunicare tra noi, che ci avrebbe potuto portare a fare ciò per cui eravamo lì: stare con i ragazzi. 

Sia le attività individuali che quelle di gruppo: l’aver messo insieme tutti i mattoncini di un lego, che rappresentano ognuno di noi, per creare una costruzione unica, il disegno della propria isola, che poi abbiamo unito a quelle degli altri, la progettazione di un vero e proprio piolo di legno che andrà a costruire il ponte della comunità e che collegherà il campus ESF con il resto della struttura, ci sono servite per entrare in connessione tra noi, con la natura che circonda il luogo e con le persone che lo abitano. 

Si parte per un viaggio principalmente per fare attività e far passare ai ragazzi dei momenti diversi dalla quotidianità, ma solo una volta sul posto ci si rende conto di quanto in realtà lo stiamo facendo anche per noi stessi. Grazie a questa esperienza ho capito quanto sia importante il lavoro di gruppo, il confrontarsi in modo sincero e autentico, il rispetto per le esperienze e per i tempi dell’altra persona e quanto il mio spazio sia importante come quello degli altri. 

Stare in un ambiente ricco di spunti e persone capaci di sostenerti, mi ha aiutata ad acquistare più fiducia in me stessa, ogni singolo compagno di viaggio ha lasciato in me una parte del suo mattoncino e spero di aver lasciato anche io qualcosa in ognuno di loro. 

Grazie ai miei compagni e alle mie compagne di viaggio!

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