Scritto da Gabriella Ballarini

Sembra quasi che il nostro viaggio sia cominciato ieri, ma sono già passate due settimane, così intense, così memorabili.
Duemila ragazzi e ragazze, 55 insegnanti, tanti incontri ogni giorno, tanti temi affrontati. La scuola Divina Provvidenza ha aperto ancora una volta le sue porte agli educatori senza frontiere che, senza esitazione, hanno varcato il cancello e si sono messi a lavorare.
Ma cosa significa fare formazione in un paese come l’Angola?
Significa, guardarsi attorno e poi guardarsi dentro. Ce lo hanno fatto capire bene le cinquecento ragazze con cui abbiamo fatto due incontri sul tema dell’amore e della gravidanza precoce. Ogni incontro che terminava era un minuto di silenzio per la mente, per rimettere insieme i pezzi, per ricomporre la memoria, per sorridere all’idea che anche qui tutte aspettano il principe azzurro e anche qui l’adolescenza è un momento che lascia perplessi, che spezza il cuore, che rende difficile guardarsi allo specchio. E allora eccole lì le nostre ragazze che con i loro corpi scolpiscono tutti i tipi di amore che conoscono e noi con loro, lì vicino, sguardi incollati alle immagini che appaiono una dopo l’altra e l’amore che diventa violento e l’amore che si rivolge a Dio e l’amore che si fa fraterno e poi negato e poi ossessivo e alla fine quasi perfetto.
E le conseguenze dell’amore, essere madri a 14 anni: “è come una bambina che cresce un’ altra bambina”, dice una delle ragazze. “Non è tempo per noi di diventare madri, ma attorno a noi troppe si svegliano un mattino e il figlio nascerà” ribadiscono più volte le giovani studentesse.
E noi lì, spettatrici di una scena ripetuta, di parole che rimbombano nella testa e quasi rimbalzano dentro quando si gira la notte per le strade e si fatica a pensare che un bimbo possa crescere tra la polvere, al buio di una casa senza generatore, nascosto tra le porte incollate con fatica.
Stasera abbiamo salutato l’ultimo gruppo, l’ultimo di decine di incontri fatti: quante parole abbiamo ricevuto in regalo, quanti disegni, sguardi e saluti per dirsi solo arrivederci.
Quante domande ci rimangono dentro, quante domande ci siamo fatti la sera alla luce di una lanterna, leggendo gli appunti o i commenti dei ragazzi e delle ragazze, leggendo il nostro diario, le nostre paure.
Ma il viaggio continua, domani andremo verso nord, ci porteremo quella piccola lacrima di gioia caduta oggi alle 18.00 uscendo dalla terza media, uscendo dalla scuola, ma piano piano, per ricordare ogni passo, come fai con un regalo troppo prezioso di cui non butterai nemmeno la carta.

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