di Caterina Viscanti

Da quasi tre mesi sono in Madagascar, ad Ambalakilonga. Fra pochi giorni tornerò a casa. Sono tante le cose di cui sentirò la mancanza. Il buongiorno dei miei compagni di viaggio. La moka del caffè che fatica. La maglietta con su scritto “Linea verde” dei ragazzi.
Scappare dal gallo Giovanni che io credo mi insegua. Sole e pioggia che fanno a turno ogni 5 minuti. Servire il riso incollato nel piatto dei ragazzi e loro che aspettano pazienti e in silenzio, quando in realtà vorrebbero gridarmi che sono troppo lenta. I sassolini nel riso. La gente in strada, l’odore di frittura. I bambini che gridano wasa mentre corro.
Il cercare di comunicare utilizzando tre lingue diverse. Gli sguardi e i sorrisi dei ragazzi. Il suono della campana che indica il momento della colazione, del pranzo e della cena, o l’inizio di un’attività e della preghiera. Ogni giorno c’è un momento di raccoglimento in cappella o in cortile. Alle 18:30 suona la campana. Qualsiasi cosa tu stia facendo o pensando si ferma. Tutti accorrono. Ci si ritrova seduti in cerchio. C’è chi guarda a terra. Chi guarda in aria. Chi accenna un sorriso o un broncio. C’è il silenzio. Regna il rispetto per quel luogo e quel momento. Un ragazzo intona l’inizio di un canto (Rainay any an-danitra). Tutti i ragazzi si accodano. Si canta tutti insieme il padre nostro.

Mentre cantano mi piace osservarli, uno ad uno. Sono concentrati. Trasudano le loro emozioni. Dopo la preghiera raccontano qualcosa che è successo durante la giornata, se c’è stato qualche problema, o se hanno bisogno di qualcosa per il giorno dopo. È anche il momento per dare le belle notizie. Se qualche ragazzo ha ottenuto ottimi voti a scuola, se hanno ottenuto qualche premio. È il momento per festeggiare un compleanno. È il luogo dove si accolgono la prima sera i volontari e dove si salutano l’ultima sera prima della partenza.


A volte si salutano anche i ragazzi. I primi giorni di gennaio abbiamo salutato Thierry. Una sera, a fine preghiera si è alzato e ha ringraziato per tutto. Il giorno dopo è ritornato a vivere con la sua famiglia. Thierry ha 19 anni, si è appena diplomato all’ Istituto professionale “Don Bosco”. Si è diplomato nell’ indirizzo di meccanica e lavora presso un’officina. Come tutti i ragazzi che ospita Ambalaki, proviene da una situazione famigliare difficile ed è stato accolto in età preadolescenziale. Giorno dopo giorno questo posto si è preso cura di Thierry con tutte le sue difficoltà, difetti, passioni, idee e pregi. Oggi Thierry è diventato un uomo pronto ad affrontare la vita grazie a tutti coloro che in questi anni sono passati e sostengono Ambalakilonga.

La cappella è dove tutto inizia e dove finisce. Luogo in cui trasudano le fatiche della giornata ma anche le conquiste degli anni.

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