di Valentina Luise

1 agosto 2023. Sono arrivata a Piombino dopo un lungo viaggio in treno e sto aspettando di imbarcarmi dopo essermi finalmente ricongiunta con i miei compagni di viaggio.

Mi arriva inaspettata la chiamata di Marta, Responsabile della Comunità la Mammoletta dell’Isola d’Elba, che mi chiede un favore semplicissimo: accompagnare nel viaggio in traghetto C. arrivato anche lui come noi a Piombino per il Campus così da evitare alla mamma che lo accompagna di fare il viaggio in mare. Succede così, nel giro di qualche secondo di telefonata e dopo aver cercato ed incontrato C. nella zona imbarchi, che mi accorgo che il mio viaggio è all’improvviso davvero iniziato.

Uno sguardo curioso e indagatore quello di C., sfuggente, tenero ma velato da un peso oscuro, sembra cercare qualcosa e un po’ chiedersi cosa ci faccia là…mi colpisce subito, come mi colpisce lo sguardo della mamma di C. che mi appare così piccola di fronte alle fatiche passate ma così determinata e fiduciosa nei nostri confronti da affidarci il suo ragazzo per questi 10 giorni con un grande sorriso di speranza. Saliamo le scalette che ci portano all’ingresso della nave e la salutiamo dall’alto. Poi entriamo, noi cinque più C.

La responsabilità che mi ha investita in quell’esatto momento l’ho proprio sentita appoggiarsi nel cuore. Mi sono chiesta, nell’ora di tempo che ci separava dalla riva opposta, osservando C. guardare le onde del mare in silenzio, quanto il nostro veloce passaggio nella vita dei ragazzi che stavamo per incontrare potesse significare per loro. Quante aspettative erano riposte in noi, da parte dell’equipe della Mammoletta, delle famiglie, dei ragazzi stessi? Questi pensieri inizialmente mi hanno accompagnato come una sorta di zavorra che mi ha fatto studiare attentamente ogni passo, mi sentivo un funambolo a metri d’altezza.

Poi, piano piano, senza che io ne riesca ad individuare l’esatto momento, è stata proprio la responsabilità di cui mi sono sentita in-caricata a diventare il motore delle mie giornate al Campus.

Ora dopo ora, sguardo dopo sguardo, parola dopo parola ho percepito che il cuore della mia esperienza e tutto ciò che potevo lasciare a questi ragazzi in questi giorni, era la consapevolezza di essere in qualche modo, in minuscola parte, responsabile di accompagnarli in un tratto della loro strada, fino a qui sterrata e tortuosa. Per pochi giorni, magari giusto il tempo di un’attività o di una partita a ping pong sotto la pioggia, di una condivisione seduti vicini a pranzo, di una canzone intonata insieme, di uno slow-motion mentre qualcuno si improvvisa Roberto Bolle, di un “sono felice che tu abbia deciso di esserci comunque” sussurrato all’inizio di una mattinata di attività in anfiteatro.

Essere presente in maniera piena, consapevole, totalmente dedicata, abitare il tempo insieme intensamente, con lentezza, concentrazione e attenzione all’altro, non volendone sprecare nemmeno un secondo.

In questo “modo di essere” si è plasmata la responsabilità-motore e mi ha permesso di essere me stessa e soprattutto Educatrice Senza Frontiere. Niente di più, ma neanche niente di meno. Da questa presa di consapevolezza ho avuto in cambio così tanto da non sapere dove e come contenerlo.

E chi sarebbe stato preparato a  dover custodire attimi di meraviglia, poesie-sasso, isole segrete, carretti di Lego pronti a partire, obiettivi di rinascita, sogni nel cassetto, sguardi di giovani donne e uomini che ce la mettono tutta per prendere in mano la loro vita? Condividere tutto ciò con i miei compagni, potersi ritrovare nel loro sguardo stupito di quando i ragazzi si aprono oltre ogni aspettativa, soddisfatto della riuscita di una proposta e a volte anche nella velata frustrazione di quando qualcosa non va secondo i piani, è stato il valore aggiunto a questo viaggio arrivato inaspettato e rivelatosi ciò di cui avevo bisogno.

Condividere insieme a loro la responsabilità grande che abbiamo il privilegio di avere quando partiamo è stato un regalo. Mi auguro di non dimenticarmi di quanto scoperto una volta ripreso il traghetto verso la terraferma, perché anche nel mio essere educatrice tutti i giorni io mi possa ricordare sempre di quanto siamo importanti, in maniera infinitesimale forse, ma quanto basta per ogni C. che incontriamo lungo la nostra strada affinché sappia di non essere solo in questo viaggio, e questo mio sapermi importante guidi e indirizzi come un faro il mio “essere per gli altri” al meglio.

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