di Ludovica Pedica

Qualsiasi sia la terra che sosterrà i miei piedi allora quella sarà la mia casa.

Se appartengo ora a questa terra che da mesi mi accoglie è solo perché sono appartenuta a me.

Mi sono appartenuta in questi mesi e mi sono presa cura di me.

Ogni giorno mi sono presa per mano, una mano forte e decisa nelle lunghe salite ed una mano più delicata nei giorni più in cui sentivo di poter camminare senza bisogno di essere presa per mano.

Mi sono fatta una carezza quando ho pensato di aver agito nel modo giusto e mi sono invece chiesta il perché di alcune scelte che ho ritenuto abbiano ostacolato la mia strada, la mia serenità.

Se appartengo a me, allora posso appartenere a voi.

Mi sono guardata allo specchio ogni giorno e mi sono riconosciuta, abbracciando le mie paure e cercando di non giudicarle troppo.

A volte mi sono vista così fragile, altre invece mi sono sentita così forte e piena di vita.

Ci sono luoghi, profumi, colori, che ti appartengono e che ti ricordano chi sei, pur essendo così lontana, da quella che un tempo è stata la tua casa e che per anni hai sentito così estranea a te.

Oggi mi ritrovo qui con le mani sporche di terra, quella con cui ho fatto a pugni per anni.

Quella terra che in fondo mi appartiene.

Quella terra che da piccola mi faceva sentire sporca, diversa.

E poi sei arrivato tu. Con te non ho bisogno di tante parole e tu altrettanto non hai bisogno di star lì a parlarmi troppo.

Ci sono quei silenzi che non fai fatica a sostenere e che ti permettono di abbattere quei muri che con gli anni avevi solo oltrepassato, ma mai veramente accettato.

Forse certi muri non si abbatteranno mai, esisteranno sempre, ma accettandoli diventeranno solo un luogo su cui poter saltare e giocare.

Mi sono ritrovata di nuovo con le mani sporche di terra, con i piedi bagnati di fango e mi sono improvvisamente sentita così pulita.

Ho guardato il tramonto con l’innaffiatoio verde in mano per una sera, poi due e poi ancora tre ed ho faticato per raccogliere l’acqua per far sì che le verdure dell’orto crescessero.

Ho piantato rape rosse ed insalata e l’ho vista crescere con una tale soddisfazione, forse con la stessa con cui ogni sera tu, con la zappa sulle spalle, guardavi il lavoro finito e le distese immense di insalata,di carote, di peperoni che avresti poi con orgoglio venduto al mercato.

Proprio ora mi sembra di vederti qui, con lo stesso passo deciso con cui ogni sera ti vedevo tornare verso casa, con il tuo “fazzoletto” in testa, perché non era una bandana, ma un fazzoletto ormai grigio dal tempo, che solo tu sapevi mettere in testa in quel modo.

Facevi quei quattro nodi e non cadeva mai. Eri testa dura ed in parte lo sei ancora, proprio come me.

Permaloso ed orgoglioso, proprio come me.

Mani grandi, proprio come il tuo grande cuore, occhi azzurri che non mi hanno mai guardata a lungo e folti baffi neri, che non mi hanno mai permesso di vedere la tua bocca, ne di capire il senso di tanti tuoi silenzi, di tante tue parole non dette.

Ti è difficile lasciarti aiutare e non ti permetti mai di stare male, proprio come me.

Pensi sempre di dovere essere forte e non ti concedi mai un attimo di fragilità.

Pensi ancora che gli uomini duri siano quelli che non piangono mai, quelli che non possono assolutamente permettersi di sbagliare, quelli che sanno sempre quale strada prendere.

Lui, poche parole. Proprio come te.

Perché a volte le parole rovinerebbero solo tutta la meraviglia che il silenzio dona.

Quel silenzio che mi ha permesso di ritrovare te, oggi.

Oggi questo terreno è il mio rifugio.

Tolgo l’erba che ostacolerebbe solo la crescita delle verdure, raccolgo l’acqua quando cala il sole e tra un sorriso, una parola, rivedo me e te.

Io e le mie mille domande, io che cercavo ogni giorno di dimostrarti che “sapevo fare, io che volevo sempre stare con te.

Rivedo me in un corpo da bambina, lunghi capelli lisci, guance rosse e affaticate di chi “ha sempre da fare” e non ha tempo per star ferma, e sorrido pensando che oggi sono ancora la stessa.

Quella che ha sempre “qualcosa da fare”.

Quella bambina che conosceva tutti i nomi delle piantine di verdure, che sapeva riconoscere i vari tipi di pomodori, di insalata e che sapeva cosa piantare in ogni stagione.

Oggi mi rivedo in quella bambina mentre raccolgo gli spinaci per la cena.

È il mio appuntamento fisso, quello con me stessa ad ogni tramonto della giornata.

Sorrido mentre penso che oggi so che i miei occhi da bambina, non potevano capire che quelle parole non dette, erano piene di amore.

Tu, che sai bene cosa sia l’amore.

Non può non conoscere amore chi si prende cura di un qualcosa, con costanza e con pazienza, come facevi tu e come ancora oggi, nonostante la fatica degli anni, fai.

Oggi mi ritrovo qui a scrivere seduta su un pozzo dell’acqua, circondata da piante di melanzane, carote, insalata e vicino ad un regalo speciale.

Ringrazio questa Terra che ogni giorno  mi ricorda chi ero e mi permette di non dimenticare chi ho scelto di essere nella mia vita, oggi.

 

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