di Michela Stella Mancini

Viviamo in un mondo dove domina la virtualità, un mondo di maschere, apparenza e finzione. Il grande scopo della vita è trovare di nuovo la realtà.
(Fabrizio Caramagna)

Spesso una maschera ci dice più di un volto.

(Oscar Wilde)

 

La parola “persona” significa proprio “personaggio mascherato”, infatti ogni individuo ha la propria identità celata dietro una difesa molto potente…ma ogni maschera lascia sopra di sé due spazi vuoti per i nostri occhi che smascherano il nostro vero sé!

Ci sono sguardi acquosi che ho scorto dietro quelle maschere che non posso dimenticare, occhi parlanti che gridano aiuto, timore, dolcezza e sincerità. In loro ho sentito una sinfonia di voci e avvertito una sintonia con le mie emozioni. Occhi che tremano, che urlano, che piangono, che ridono, che cantano, che a tratti  sono spenti e subito dopo sono totalmente accesi di vita, che si chiudono o si schiudono davanti a me…ma soprattutto ho visto occhi forti che amano e che sognano meraviglie.

Io e le mie stupende compagne di viaggio abbiamo offerto ai ragazzi della comunità della Mammoletta una maschera bianca e vergine sulla quale poter rappresentare ed esprimere la maschera che sentono di indossare o di avere indossato lungo la strada. Ognuno di loro ha mostrato creatività, concentrazione e sincerità verso se stessi! L’hanno dipinta, decorata, odiata, confessata e osservata con attenzione. Li sopra hanno materializzato la loro auto difesa e la loro protezione verso il mondo esterno. Hanno scorporato la maschera dal proprio corpo.

Subito dopo hanno camminato in gruppo nello spazio con la propria maschera in mano…una sorta di passeggiata di maschere scoperchiate! C’è stato un incontro tra persone e tra maschere, un confronto fatto di chiacchiere, risate, profondità e verità.

L’obiettivo era quello di guardare in faccia la propria maschera e la realtà, condividendo il tutto con gli altri! Tutti si sono svelati e smascherati ed è stato molto intenso!

Successivamente abbiamo aggiunto un’altra attività in cui abbiamo formato delle coppie di ragazzi che dovevano rappresentare la persona che avevano di fronte tramite il disegno, sotto forma di ritratto o di oggetto che gli ricordava l’altro e di attribuire, tramite le parole, alcune caratteristiche e qualità caratteriali; ciò è servito per prendere consapevolezza di come vengono visti anche dall’esterno.

Nei giorni successivi abbiamo proposto una continuazione di questa attività e abbiamo chiesto loro di osservare nuovamente la loro maschera e di salutarla per lasciarla andare. C’è chi l’ha allontanata da se, chi l’ha messa in cima ad un albero, chi l’ha distrutta o tagliata a metà, chi l’avrebbe voluta bruciare e chi alla fine dell’esperienza del campus estivo se l’è messa in valigia, forse per non essere del tutto pronto a lasciarla completamente e per poterla ancora indossare ogni tanto per proteggersi nel mondo reale, lontano da quel contesto così familiare e così ovattato della comunità.

Infine noi Esf abbiamo proposto un’attività conclusiva molto forte ed emozionante in cui si camminava nello spazio tutti insieme e uno alla volta ci si doveva fermare davanti ad uno specchio e guardare se stessi senza la propria maschera. Da parte di alcuni c’è stata un po di titubanza, di fretta e di timore, da parte di altri un po d’imbarazzo e di emozione. Io stessa ho guardato il mio riflesso e  per ben due volte! La prima volta l’ho fatto un po di corsa e ho notato il mio volto coperto da uno strato sottile di stanchezza…pensando di non avere guardato bene in fondo ho voluto osservarmi di nuovo e l’ho fatto in maniera più penetrante e ho scorto dietro i miei occhi tanta serenità e mi sono lasciata andare in un sorriso sincero rivolto a me stessa! Sono felice di averla vista, è molto in profondità, ma adesso sono certa che è li che mi aspetta.

Personalmente non ho avuto modo di dare vita alla mia maschera ma ce l’ho ben in mente e penso di materializzarla al più presto: disegnerò un grandissimo sorriso sul mio volto di carta, mirato a nascondere le parole che sento e alla quale non riesco a dare voce, la tristezza e l’insicurezza che spesso risiede dietro la mia allegria, il sole che è sulla mia testa ma che nasconde un temporale ed un turbinio di vento di pensieri che però da origine alle sfumature delle mie emozioni color arcobaleno.

Adesso però so che dietro i miei occhi c’è una luce ancora più forte, o forse l’ho sempre saputo. Quando si è abituati a stare spesso male, fa paura stare bene e lasciare andare la sofferenza. Ecco quello che mi ha insegnato quest’esperienza con questi ragazzi meravigliosi, così fragili ma così forti, maturi e consapevoli. Qui ho imparato a lasciare andare le mie emozioni, finalmente ho imparato a sorridere solo quando ne avevo voglia e non solo per nascondere la mia tristezza, dopo tanto tempo sono riuscita a far scorrere le lacrime sulla mia maschera allegra, mi sono fidata e affidata, ho accolto le persone e mi sono lasciata accogliere, ho creato relazioni autentiche per poi lasciarle andare.

Ci sono volti svelati, occhi di zucchero, parole amare e dolci, giochi, ritmi, canti e balli che invece resteranno dentro di me per sempre e che non lascerò mai andare.

“Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi sotto la sua protezione, frapporre qualcosa tra il mondo e me, camuffare le mie ferite, imparare, insomma, a usare la maschera.”
(EM Cioran)

Ecco, adesso è il momento di smascherare la maschera!

 

 

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