scritto da Cristina Mazza

Porsi nell’educare in modo itinerante  ci collega alla metafora del viaggio, dell’esplorare, del proiettarsi verso qualcosa di diverso, di tendere verso qualcosa che non conosciamo nei confronti del quale vogliamo metterci in relazione.. Educare nello spirito di una educazione itinerante può significare certamente relazionarsi con l’altro diverso da noi, con l’altro noi, con la differenza.
Ecco perchè parliamo di educatori erranti, perché l’educatore è colui che si cerca e che non smette mai di interrogarsi. “I camminanti sono un piccolo popolo, non occupano posizioni di potere e non incidono direttamente sulle decisioni dei potenti. Sono consapevoli delle loro fragilità e limiti,ma non per questo rinunciano a mettersi in gioco, a sentirsi in sintonia con tutti i camminanti della storia e in una certa misura anche chiamati alla responsabilità di fronte ai nomadi delle guerre, ai nomadi delle povertà di tutte le terre. A sentire vicini tutti i passi degli uomini e delle donne, sulla strada, alla ricerca di una salvezza, a sentirne l’affanno, il dolore, il peso, a sentirne la responsabilità. E poi a trasmettere l’urgenza della responsabilità. A non lavarsi le mani, a non voltarsi dall’altra parte, se non altro per non rinunciare alla dignità…” (Franco Taverna).
Dall’etimologia iter, iterare: fare un viaggio, spostarsi, avvicinarsi, avventurarsi, ripetere. L’educazione itinerante ha alla base l’uomo che non si accontenta, che con la ragione vuole andare all’essenza delle cose, penetrare nell’intimo della realtà e dei misteri. Quindi l’educatore è colui che previene, consapevole che la prsona non si accontenta mai di ciò che è, ma si pone una domanda su ciò che deve essere e diventare.L’educazione presuppone il maturare insieme nella reciprocità del rapporto educativo. L’educazione all’Altro è sempre un’autoeducazione: il processo profondo dell’educazione, non riguarda solo l’educando ma anche l’educatore che, se vuole crescere sia come persona che come educatore e deve assumersi il rischio educativo per l’altro ma anche per sé.
L’erranza  ci modifica, ci arricchisce, ci fa comprendere che abbiamo una zavorra di cui dobbiamo liberarci; ci dimostra di essere chiusi quando si ha la presunzione che le idee e le convinzioni della partenza, rimangano invariate nel corso del viaggio e della permanenza in una data realtà.
Fin dalla sua nascita, si è detto che Educatori Senza Frontiere non va all’estero per  educare, per portare l’educazione agli altri, questa sarebbe una grave aberrazione cromosomica presente in noi, ma  va nel mondo per convivere con gli altri, per cogliere i problemi educativi presenti e per spartire qualcosa con le persone che incontra, che chiamiamo sempre “il donare, il ricevere e il restituire”: l’educazione è una restituzione continua.
Dal libro Educatori senza Frontiere  – diari di esperienze erranti – erickson

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