Scritto da don Antonio Mazzi

Educare significa camminare insieme e crescere insieme. Significa far conoscere alla persona che cammina con te le sue potenzialità, far si che riesca ad entrare in sintonia con le proprie emozioni, senza paura.

Spiegare che la nostra vita è un incontro continuo di sguardi e sorrisi, a volte lacrime, di paure e di gioie, spesso molto piccole, tra noi e chi cammina con noi.

E’ comprendere quale capolavoro sta camminando accanto a noi. Perché l’altro è colui che dispone di un’anima, di uno spirito, di una sua storia.

Il camminare insieme strappa le autodifese, e stana dai nascondigli e dai ripari che la vita sedentaria ci aveva costruito attorno.

L’altro è uno scrigno del creato, è l’infinito che Qualcuno ha inventato. Non è qualcosa ma è qualcuno. Non è una parte del mondo, ma è un mondo a parte. E’ impastato di terra e di cielo. E’ il solo che può provare a cantare alle stelle e alle cicale.

Questo altro tuo compagno contiene tutte queste cose e anche tu le tieni per lui.

Per i nuovi compagni di strada, anche Gesù fu una esperienza sconcertante, la più sconcertante che avessero potuto mai provare.

Camminare per le strade con l’unico scopo di educare dà obiettivi ed emozioni mai provate e dà un senso diverso a tutti i nostri passi.

E i compagni che ci accompagnano a fianco diventano come noi disponibili per cercare verità e bellezza. Mi illudo si possa fare la rivoluzione anche camminando, perché il doppio modo di camminare cambia il mondo: viaggiando da se stessi verso sé stessi e da sé stessi verso gli altri cambia tutte le dinamiche della vita.

Si dice che la domanda più bella che si possa dire a chi si accoglie non è “come stai?”, ma “hai mangiato?”. Vuol dire da dove vieni, se hai fame, se hai sete, se posso fare qualcosa per lui, se posso essere qualcuno, se non sto facendo solo un incontro.

Ecco perché la parola “compagno” ha un significato straordinario, perché vuol dire non solo cum-panis, colui che viene a mangiare il pane con te, ma anche colui che viene chiamato per nome. Perché quello che colpisce quando leggono si leggono le storie raccontate nei libri della Bibbia è il gran numero dei nomi. Non si raccontano mai storie astratte di genere sconosciuta. Tutti hanno un nome, a partire dal libro dell’Esodo che in ebraico è chiamato “il libro dei nomi”.

Gesù lungo la riva del lago chiama i dodici per nome. Non sono solo pescatori o fratelli, ma Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni: “E quelli subito abbandonarono le reti e lo seguirono” e divennero non solo apostoli, ma anche compagni, perchè mangiarono insieme il Pane.

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