di Francesca Adamoli

Sono sempre stata una persona da tramonti: ho sempre amato rimanere seduta in un campo poco distante da casa mia e scrutare gli ultimi raggi del sole giocare a nascondersi dietro i tratteggi delle montagne. Osservare quel colore rosa che tingeva delicatamente l’orizzonte mi faceva capire che era ora di concludere la giornata.

Ora, però sono a chilometri di distanza da quel prato, da quei profili frastagliati, da quei colori; ora è tempo di stropicciare gli occhi con altre sfumature, con altri contorni e imparare ad assaporare la magia delle albe.

Ci si alza presto e ci si mette in cammino quando ancora tutto è buio, un risveglio lento silenzioso… i tuoi passi seguono quelli del gruppo…chi è già arzillo procede veloce e conduce, chi ancora assonnato e più lento.

Mi piace osservare questi movimenti precisi rimanendo un passo indietro:

Hervè e il suo correre di prima mattina… andare avanti… nascondersi… e farti spaventare.

Romario cappuccio in testa e passo quieto, timido che non osa disturbare.

Esperant e il suo saluto al sole a ritmo di bit box.

I diciottenni che fanno gruppetto e forse un po’ svogliati preferivano rimanere a letto.

E poi c’è Marita con il giacchetto in jeans e la sua andatura buffa mentre attraversa i tronchi che giocano a fare i ponti, ha gli occhi attenti…guarda ovunque per non cadere… che poi se succede ci si rialza insieme.

Con lo schiarire del cielo si incrociano le prime persone affaccendate ad andare da qualche parte, passo piccolo e veloce… si alza lo sguardo, si fa un timido sorriso e dalla bocca escono parole di saluto “Salama” e si continua a camminare… la giornata è ancora lunga.

L’alba ti fa comprendere che ogni giorno inizia qualcosa di nuovo, anche se tutto sembra ripetersi meccanicamente… nell’avvento di nuove ventiquattro ore c’è sempre un pizzico di novità.

Per me comporta uno spaesamento unico e porta a stupirmi di ogni piccolo particolare, di quella quotidianità così differente e piena di contrarietà: visi sporchi, ma sorridenti; piedi scalzi, ma che sgambettano; indumenti logori, ma colorati, unghie sporche, ma braccia accoglienti.

Le albe nell’ultimo mese mi chiedono la fatica di spostarmi da me stessa scoprendo l’altro. Un andare che porta ad intraprendere un viaggio partendo dallo specchio della riflessione e della consapevolezza, per poi preparare un bagaglio con ciò che sei, ma nel quale resti dello spazio, pronto ad accogliere i pensieri degli altri, avviandoci verso una direzione che con tutta probabilità subirà variazioni lungo il tragitto.

In queste nuove albe cerco di uscire dai miei confini per cercare la donna che non ho mai conosciuto, l’educatrice straniera che viene educata.

Il sole sta prendendo il suo posto nel cielo, il passaggio tra la notte e il giorno è compiuto… questa giornata che avventure ci riserverà?

Condividi su: