di Marzia Inzeo

Sono in viaggio.

Sono a Campiglia.

Aspetto il treno per Piombino.

Un senso di spossatezza da stamane mi si è incollato… insieme all’umidità.

Siccome fa caldo decido di mangiare due panini!!

Tra poco incontrerò le mie compagne per prendere insieme il traghetto diretto all’Elba, alla Mammoletta…  il mio secondo Campus…

Non so perché ma da quando ho saputo che sarebbe stata di nuovo la mia destinazione, la reazione istintiva è stata un moto di ansia, di agitazione.

Forse perché in genere non amo ripetere esperienze rivelatesi così belle come il periodo trascorso in comunità lo scorso anno.

O forse, anzi molto probabilmente, perché comincio a sentire una maggiore responsabilità e l’idea di “dover fare sempre di più” mi rende ansiosa.

Arrivo alla Mammmoletta, priva di energia dopo un anno di lavoro e di impegno.

Ma qui di energia ne serve e tanta.

Decido di accogliere questo stato d’animo, di affidarmi al sostegno del gruppo, di prendermi i miei tempi, di non avere fretta.

Mi siedo sulla panchina, di fronte la vetrata del salone… arrivano i ragazzi… improvvisamente mi sento a casa!

Così inizia un nuovo giorno, iniziano le attività.

Fare attività ogni giorno è una sfida.

Per chi propone vuol dire programmare, studiare, elaborare, confrontarsi, guidare, mediare, ascoltare e osservare, attendere.

Per chi riceve

Vuol dire saper stare

Vuol dire concentrarsi.

Vuol dire fare introspezione.

Vuol dire tirare fuori scheletri e poi ripulirsi.

Vuol dire unirsi.

Vuol dire fare parola.

Quando tutti vanno via mi fermo e guardo costernata le meravigliose opere d’arte che i ragazzi hanno elaborato!

La spossatezza con cui sono arrivata lascia spazio alla voglia di conoscere, di condividere, di creare, di capire, curiosare… di abbracciare! La vita in comunità diventa per pochi giorni la mia vita. Mi sento totalmente immersa in questa realtà, mi scollo da quella di sempre.

Il tempo si condensa.

Io non ho più voglia di riposare, di rallentare. Al contrario non voglio perdere un minuto per stare con loro, per conoscerli, più in profondità, per conquistare la loro fiducia.

Così durante le pause giochiamo a Biliardino e a Ping Pong, cantiamo, balliamo, facciamo tessuti aerei!

Imparo da loro, mi specchio in loro.

Questo viaggio fa nascere in me ancora una volta un grande senso di gratitudine verso la via e il percorso che si delinea ogni giorno.

Sono grata e onorata di conoscere queste vite interrotte, arrabbiate e deluse da un mondo in cui si sono trovate e che non ha saputo accogliere!

Mi commuovo e mi ricarico allo stesso tempo di vita tutte le volte che un mio piccolo contributo fa sorgere una speranza o un sorriso o un viso disteso… e penso a quanto sono grata ad Educatori Senza Frontiere per l’opportunità, gli strumenti e il tempo che mi dà per apprenderli, elaborarli e utilizzarli, per mettermi in comunicazione con queste creature spezzate.

Sono grata per il mio gruppo che scopro, ogni giorno di più, vicino a me, complice di emozioni e di un vissuto che solo chi vive può comprendere!

Sono infinitamente grata alla Mammoletta per l’affetto di cui mi sento inondata, per gli sguardi, gli abbracci, i racconti, i sorrisi che mi hanno donato e le lacrime che mi hanno indotto.

Vado via questa volta consapevole che tornerò perché la Mammoletta non è più solo un viaggio ESF, ma è un posto a cui sento di appartenere.

“If you love me give me a smile! Yes I love you,  but I can’t give you a smile!”

Un’ improvvisazione teatrale per non farli andar via.

Ed è subito spettacolo.

È divertimento puro, sano, genuino, senza bisogno di alterazione.

È talento.

È teatro.

È vita.

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