di Martina Pulejo

Sono sul treno di ritorno, “Buona vita” di Marco Mengoni alle orecchie e riassaporo il fine settimana.
Tanti volti nuovi: per la prima volta i gruppi di formazione di Milano e Roma si sono incontrati, tanta curiosità di conoscere chi partirà con te (come il primo giorno di scuola) e di capire meglio in cosa consiste il viaggio.
Siamo diversi: c’è chi è biondo, chi moro, chi odia le banane, chi ama alzarsi presto, chi ama camminare, chi invece lo odia, eppure il fatto di essere lì significa che qualcosa ci unisce. Penso sia la voglia di uscire dalla propria confort zone, o per meglio dire (l’abbiamo sentito tanto in questi mesi) dai propri bordi, irregolari, frastagliati, a volte messi a difesa, a volte invalicabili. Eppure ogni volta che arrivi lì, l’armatura la lasci in camera e ti immergi in questo flusso fatto di sensazioni, suoni, contatti e comprendi che l’altro lo puoi conoscere in tanti modi, oltre l’uso della parola. Anche attraverso un nastro che lega, impedisce di allontanarci e ci ricorda di assaporare il momento dello stare, sostare.


Insieme ai due gruppi di formazione c’erano anche molti, li chiamerei, veterani e percepisci, solo osservando come interagiscono fra loro, la forte energia e connessione che li unisce, come il nastro che ci teneva insieme sabato pomeriggio, perché puoi girare il mondo in lungo e largo, ma avrai sempre bisogno di tornare alla fonte. Ecco definirei la base di Milano una sorgente dove recarsi per trovare ristoro e ricaricarsi.

C’è chi andrà all’estero, chi in Italia, ma non è importante la meta, quanto il cammino che abbiamo fatto per arrivarci. “Tieni il passo più sicuro. Metti coraggio e buone scarpe, prendi la strada che non fa nessuno” canta Marco e, come ci ricorda Don Mazzi la domenica, il cammino vero non è in viaggio, la vera sfida è continuare e essere educatori senza frontiere nella propria quotidianità, dove fiorisce la vita giorno dopo giorno. Per cui Buona Vita: “per chi ha il cuore inquieto, per chi è partito libero, per chi è tornato indietro” e per te che hai letto fino a qui.

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