di Veronica Sgrò

Primi giorni di luglio, un porto, una meta, l’isola d’Elba. Una comunità. Un viaggio. ESF.

Nella nave che porta all’Isola d’Elba si respira l’aria delle prime giornate estive.  La salsedine ti avvolge da quando stai traghettando. Primi sorrisi, primi sguardi e prime conoscenze. Già il viaggio è il viaggio. L’isola è vicina, sempre di più, il mare è blu e il cielo è limpido. Foto. Arrivati! Che caldo, che meraviglia. Rido, senza un perché. Sono Felice, senza motivo.  Una scritta. Fondazione Exodus. Allora è proprio vero. Sono in viaggio! Mi prometto che non sarò mai triste in questa esperienza. Penso di esserci riuscita.

Quanta bellezza, le strade, la mano fuori dal finestrino con il vento contro e una salita sterrata.  Appena fermi con la macchina. E la domanda sorge spontanea, ma questa è la comunità? Questa è la comunità dell’Isola ? Vedo, casette in legno che danno il Benvenuto, le piante ornamentali e un orto mi danno la sensazione che sono lì per un perché, il loro intento è abbracciare chi si è perso. Accolgono chi si sente lontano da tutto.  Proteggono. Sento una bella energia.

Ci presentiamo. Ci conosciamo.  È il momento di visitare ogni singolo spazio della comunità , la Mammoletta. È immersa nella natura. In una collina elbana che affaccia sul mare.

Tutto ha un alone di calma e serenità. Nell’aria i pensieri viaggiano , nell’aria, i tanti pensieri si incrociano, ma non pensiamo, continuiamo a parlare. Ci aspetta una bella settimana. Cosi è stata.

Ogni sguardo è profondo, ogni singolo sguardo è pieno di passato, di sogni e a volte non si vive il presente. Ma è la vita. Infondo siamo tutti cosi. Alla ricerca costante di qualcosa, qualcuno è consapevole qualcun altro no. E chi sono io per dire cosa è giusto e cosa è sbagliato? Faccio solo del mio meglio per non sbagliare davanti a questi ragazzi, che risplendono di una luminosa luce. Sarà la felicità, sarà che ho sempre dei filtri rosa negli occhi, ma questi ragazzi sono veramente belli, fuori e dentro. Io li vedo cosi. Non riesco a vederli con altri occhi. Non mi interessa da dove vengono.  Non mi interessano i loro sbagli, per questa settimana, sarò cosi. Mi interessa imparare i nomi. Quello si, mi interessa passarci più tempo possibile.

Mi interessa che posso regalare leggerezza, spensieratezza, allegria. Vorrei vederli sorridere. Più spesso. Sono belli quando sorridono. Perché non sorridiamo? Perché non respiriamo profondamente e calmiamo la mente? Perché aggiungere ancora strati e strati di cose, quando potremmo spazzare via tutto e liberarci dalle zavorre?

Ah! Già! spazzare, è stata l’attività che ha riscosso più successo. Spazzavamo per aspettare, spazzavamo  per tenere tutto in ordine, spazzavamo aghi di pino dal pavimento in legno, spazzavamo per creare spazio, per ballare, per fare spettacolo, per tenere la scopa in equilibrio. Spazzavamo la sala, la cucina, il teatro.. e quando lo facevamo in quest’ultimo, nell’anfiteatro era ancora più bello, magico. Mettevamo musica di ogni genere e da ogni parte spuntavano questi visini, assonnati, ma incuriositi, chi si affacciava e se ne andava, c’era chi era il primo, chi il secondo sempre, chi incuriosito ci guardava. Fare cose. Si facevamo cose.  Facevamo circo? Spettacolo? Cabaret? Volevamo solo fare ridere e farli sentire protetti. Nel nostro spazio protetto dell’anfiteatro. Giochi, su giochi. Bellissimi, loro, noi. Tutti. E la magia arrivava, come, non l’ho mai saputo, ma arrivava. Arrivava la frustrazione, arrivava la paura, arrivavano i pensieri. Ma li spazzavamo via.

Arrivava il momento del pranzo, della cena e poi arrivava il momento della colazione. Arrivava il momento di togliere la maschera e di chiedere, chi sei? Da dove vieni? Cosa fai? Ma dai anche tu… e arrivava gente e se ne andavano altri, ma noi eravamo sempre là. Pronti ad ascoltare le storie davanti a un piatto diverso e cucinato da loro. Anche dalle pietanze, capivi chi aveva cucinato. Ci sono regole. Giuste. Chi serve, chi viene servito. Chi prima, chi dopo. Arrivano le sorprese, dolci, torte, cene a tema e fiori sulla tavola. E ci guardavamo. Negli occhi, sempre. Giocavamo la sera, il giorno, ridevamo. Docce, sigarette e nanna. Una routine fatta di gioia. Qualcuno ha pianto, qualcuno si è scoperto alla fine, qualcuno è andato via senza salutare. Ma noi eravamo sempre li. Abbracci? Pochi, silenzi qualcuno, risate un po’ di più.

E adesso ricordi di una esperienza che rimarrà. Non so se mai li rivedrò, ma so che qualcosa ci siamo lasciati. Ho ancora i loro sguardi, a volte i loro sorrisi, mi tengono compagnia, e quando sono tornata a casa ho smesso di sorridere, non so perché.

Ah, dimenticavo. La salsedine è stata la veste più bella che ho indossato…insieme al sorriso.

Grazie Ragazzi della Mammoletta, Grazie ESF! Grazie Colleghi di Viaggio.

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