Durante il servizio civile lo scorso anno, il nostro educatore Lorenzo Bertoni, ha raccolto alcune storie, le abbiamo conservate in un cassetto, ma ora ci piacerebbe condividerle con voi.
Le storie sono ambientate in Honduras e sono raccontate da ragazzi ospiti della nostra Casa Juan Pablo II di El Paraiso.

Mi chiamo Arturo Maradiaga, ho 26 anni, sono nato a El Paraíso e sono quasi sei mesi che vivo in Casa Juan Pablo II.

Voglio parlare del lavoro che avevo prima, quando ancora facevo uso di sostanze.

Lavoravo in una bottega consegnando cibo e bibite, guadagnavo 1600 lempira (65 euro) ogni 15 giorni, però quando mi pagavano usavo il denaro per drogarmi ed alcolizzarmi; non facevo altro che alimentare il mio vizio.

Di solito invitavo gli amici e mi drogavo con loro.

Il denaro non mi bastava, davo 200 Lempira (4 euro) a mia zia e io tenevo il resto, ma il più delle volte lo sprecavo o me lo rubavano quando ero ubriaco. Mi rapinavano, mi tenevano sotto osservazione per derubarmi; sapevano che avevo del denaro perché mi vedevano le tasche gonfie.

Ho lavorato in un’impresa, seccavo il caffè. Con questo nuovo lavoro guadagnavo 1500 lempira alla settimana con le ore extra; però, sempre a causa della droga e dell’alcool, non ero produttivo e spesso non andavo al lavoro. Questo vizio ormai mi aveva imprigionato e non potevo lasciarlo. Il mio capo mi sgridava per le assenze e un giorno mi ha castigato, vietandomi di lavorare per tre settimane.

Per questo motivo mi sono internato; non sopportavo più la mia dipendenza.

Dormivo per strada, non andavo né a casa, né al lavoro; nemmeno mangiavo.

Prima ero incarcerato di frequente, la mia famiglia chiamava la polizia perché ritornavo a casa ubriaco e i poliziotti mi mettevano in cella per 24 ore. Per strada mi trovavano ubriaco e mi chiedevano i documenti, non li avevo quasi mai.

Le persone mi spingevano a intraprendere il giusto cammino e mi dicevano che ero troppo giovane per giocare con la mia vita.

So che la tossicodipendenza uccide: molti ubriachi che conoscevo sono morti per questo motivo.

Quando sono arrivato in Casa Juan Pablo II mi sono sentito felice, qua sono tranquillo, nonostante solo ieri abbia litigato con un compagno per la collera che sento dentro. Oggi Nico (il direttore del centro) ci ha sgridato e ha sistemato la questione; ieri ne avevamo parlato anche con Mynor (uno degli educatori del centro).

Rendo grazie a Dio per avere la possibilità di stare qui ed imparare a comportarmi bene e a scherzare il giusto.

Per strada camminavo chiedendo alle persone denaro e facevo delle commissioni per ubriacarmi, però le persone non si fidavano di me essendo un ubriacone.

Adesso hanno fiducia in me perché sanno che vado e vengo con il resto della compera, hanno fiducia perché mi vedono in forma.

Le persone quando sono uscito da Casa Juan Pablo II per una verifica, erano contente di vedere che stavo bene e stavo recuperando.

Voglio ringraziare Mynor, Gabriel (uno degli educatori della casa) e Nico per avermi accettato di nuovo nel centro di riabilitazione e avermi dato la possibilità di recuperarmi: voglio sfruttarla.

Sto imparando a spendere il denaro, comprandomi le cose di cui ho bisogno, dato che prima il vizio non mi consentiva di farlo.

I miei genitori e mia sorella sono felici che sono qui.

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