Cara,

to rimandando la stesura di questa lettera da settimane, non capisco perché sia ancora così difficile scrivere, indirizzare la lettera a un educatore senza frontiere… a chi soprattutto? a uno di voi, a tutto il gruppo, agli amici di Roma?

I ringraziamenti mi risultano sempre pesanti, non saprei quali parole usare, cosa dire; vorrei usare quelle giuste, quelle ad effetto, ma non riesco mai a trovarle, le cancello senza trovare un ordine ai miei pensieri.

Mi sembra di conoscervi da così tanto tempo, ma in realtà è solo un anno.

Un anno di incontri, di riflessioni, di condivisioni, di sentimenti, lacrime e sorrisi…tanti sorrisi.

Provo a buttare giù due righe e mi torna tutto alla mente.. la formazione, il cammino, il viaggio e il mio rientro, ritrovarci e riparlarci come se nulla fosse cambiato, come se fossimo tornati sempre gli stessi. Ci siamo raccontati poco dei nostri viaggi, come se dessimo per scontato quello che abbiamo vissuto, come se avessimo vissuto un’unica grande esperienza collettiva.

Non so se sto facendo bene, ma vorrei scrivere a te…

si sto scrivendo proprio a te,

a te che hai preso quell’aereo in direzione Fianarantsoa alla mia sinistra.

Ho voglia di scriverti, perché vorrei tornare un po’ a quei mesi, che mi sembrano così lontani, perché vorrei rivivere, di nuovo, con te, nei miei ricordi, tutti quei sapori, odori e suoni che abbiamo vissuto insieme.

Ci sono, ci sono sempre stata con il pensiero a quella terra lontana, nuova, diversa, ma rimettermi a scrivere, mi fa tornare tutte le emozioni al cuore, alla gola, come se fossero state intrappolate in un angolino per mesi e ora fossero risbucate tutte insieme fuori.

Chissà perché sono finite in quel posticino al buio, in silenzio.

Rieccomi a scriverti un’altra lettera…mi fa uno strano effetto scriverti, mi sembra di essere tornata a 3 mesi fa, a quando ci siamo scambiate le lettere del grazie, a quando ci siamo salutate con il cuore in gola e le lacrime agli occhi alla stazione, promettendoci di non perderci, di sentirci e di rimanere unite nonostante la lontananza.

Esf ci prepara ad aprire strade impossibili, non mi sembrava possibile essere davvero lì e ora, solo al ricordo, mi sembra di aver vissuto un’altra vita, una vita parallela, lontana dalla mia.

Il tornare a casa è stato difficile, non ce lo aspettavamo così, avremmo preferito non affrontarlo, saremmo volute rimanere lì.

Siamo così diverse, i primi giorni ero molto spaventata al solo pensiero di dover passare due mesi insieme e non saper come fare a relazionarmi a te, ti vedevo così distante, ogni parola o gesto mi sembravano sbagliati.

Poi qualcosa è cambiato, con il tempo, piano piano, di nascosto: si è creato qualcosa, non saprei descrivere cosa, ma siamo diventate complici, sapevo addirittura leggere un tuo sguardo e prevedevo una tua frase.

Esf apre strade impossibili non solo in luoghi lontani e con persone di un’altra cultura e che parlano un’altra lingua; la diversità, che all’inizio impaurisce, ci ha unite e ha colmato quelle paure e ansie iniziali.

Ti scrivo perché mi dispiace averti lasciata lì e che quello che era iniziato, si è bloccato bruscamente, al nostro rientro.

Mi dispiace aver condiviso parte di un cammino insieme, aver condiviso le difficoltà, il sentirsi fuori luogo, aver condiviso le emozioni, le lacrime e le sveglie all’alba per fare Kong fo.

Mi dispiace esser diventate alla fine di un viaggio, come mi avevi detto te, quasi un’unica persona e ora sentirti così distante.

Mi manca ogni singolo momento passato insieme, mi mancano quei giorni passati tra un’attività e l’altra, i nostri sguardi e silenzi, mi manca il nostro recuperare tempo, tagliarsi il tempo pur di allungare le giornate e viverci ogni istante. Mi manca guardare le stelle e sognare insieme, pensando al nostro futuro da qualche parte del mondo.

Cerco di ricordare le parole che ti scrissi nella lettera a Ottobre, ma non riesco, non riesco a ricordarlo, ma vorrei ringraziarti ancora una volta.

Quando ho letto la tua lettera, mi venne in mente che forse tutto quello che avrei voluto dirti non te lo scrissi per paura che tu potessi fraintendere i miei pensieri.

Proprio te, invece, eri riuscita a scrivere quello che avrei voluto dirti io.

Vorrei ringraziarti per esserti fidata, affidata e avermi sostenuto in ogni momento, per aver cercare di conoscermi e capirmi.

E’ stato difficile per entrambe ma credo in quello che abbiamo costruito e non vorrei perderlo.

Spero di ritrovarti più forte di prima e allo stesso tempo fragile come quando ti ho lasciato alla stazione.

Ti auguro di aprire altre strade impossibili e spero che un giorno lo rifaremo insieme.

Con tutto il cuore, Federica.

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