Scritto da Martina Castellani

L’Honduras ha una particolarità. Niente è come te lo aspetti. La prima sensazione è stata quella del caldo tropicale che ti assale all’aeroporto di Tegucigalpa. Salite in macchina lo sguardo va al paesaggio. Mi sono sentita viva, anche se qualsiasi cosa mi riportava ad una certa durezza. Dopo alcuni chilometri tutto è cambiato perché l’unico colore visibile era questo verde che io definisco INFINITO. Un verde, come si dice qui, ne “claro” ne “oscuro” ma davvero un verde INFINITO. Man mano che si avvicinava Casa Juan Pablo II salivano emozioni contrastanti come paura e ansia dell’affrontare l’esperienza ma allo stesso tempo una grande volontà di iniziare questo percorso. Guardavo la mia compagna di viaggio, Simona, e leggevo nei suoi occhi le medesime sensazioni. Per distrarci un po abbiamo ascoltato della musica con Rafael, il primo ragazzo conosciuto facente parte della comunità. Che bello vedere il suo sorriso, ci ha donato un po’ di tranquillità. In mezzo a quel verde infinito all’improvviso un muro rosa con una scritta colorata “Libres de volar”….eravamo arrivate nella comunità. L’accoglienza è stata calorosa perché i ragazzi ci aspettavano davanti all’ingresso ed è stata un’emozione unica. In quel preciso istante mi accorgo che durante il tragitto non avevo ammirato il cielo. Avrei voluto toccare le nuvole perché sono così vicine a noi. Sembrava realmente di vedere un’entità sopra la comunità di Juan Pablo II. I giorni passano e questa entità si modifica continuamente. In alcuni momenti, specialmente al tramonto, sembra di vedere delle vere e proprie figure. Non so perché ma immagino che in ogni figura si nasconda uno stato d’animo. è un po come tentare di vedere cosa c’è dentro questi ragazzi e immaginare il loro stato d’animo, presente o passato che sia. Al principio avrei voluto chiedere e sapere il più possibile su di loro ma la verità è che è bene restare sempre li, sulla punta dei piedi e danzare con loro, facendoti bastare ciò che concedono.

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