Scritto da Marta Colombo

Honduras. Quando ho detto a pochi, pochissimi amici che venivo in Honduras la maggior parte di loro non aveva la più pallida idea di dove si trovasse questo luogo.

Siamo in Centro America accanto a El Salvador, uno dei luoghi più pericolosi del mondo, un piccolo Paese che si trova tra il Guatemala ed il Nicaragua.

Arrivata da circa 15 giorni quello che ho notato subito è stato il verde, distese e distese di verde.

Poi, eccola, la nostra “isola felice”: Casa Juan Pablo II, una comunità per il recupero di tossicodipendenti e di alcolisti, in una dimensione completamente protetta, in un luogo che può far paura.

Ragazzi di ogni età che hanno un vissuto diverso, ma una speranza comune: la riabilitazione. Questa parola che ridonda nelle loro teste e nelle mie orecchie ogni giorno. Qualcuno è riuscito a terminare il programma, altri sono caduti e ritornati e… ci vuole coraggio, ancora di più, forse. Di altri se ne sono quasi completamente perse le tracce.

Ognuno qui segue regole molto serrate, ma la porta è sempre aperta: a chi entra per la prima volta, a chi claudicante chiede ‘asilo’ una seconda, una terza volta, a chi decide, invece, di andarsene perché la fatica e la tenacia di vincere questa lotta richiede un grande coraggio.

Dall’Italia arrivano per ¾ settimane gli ESF, questi educatori senza frontiere con un gruppetto di volontari che spezzano la routine della comunità.

Con la nostra tutor, Gabriella, mi sono sentita fortunata perché il lavoro fatto rispecchia un po’ la mia natura; scrivere per guardarsi dentro.

Ognuno di loro nei momenti insieme, durante il laboratorio di scrittura, è molto concentrato, io stessa mi perdo in quell’ora che è tutta mia, ma che è anche condivisione. Siamo tutti attorno allo stesso tavolo a cercare di guardare in faccia i nostri fantasmi, i ricordi più belli e gli errori per cui chiediamo perdono.

Storie diverse, tutti alla ricerca di qualcosa.

Non mi sento diversa da loro. Siamo tutti esseri umani. Qui si abbattono le frontiere, le razze, i sessi. Uomini, donne, honduregni i primi, italiane le seconde, che camminano e crescono insieme. Mangiamo insieme, ridiamo insieme, piangiamo insieme. Cade il pregiudizio. In realtà loro neanche sanno cosa sia, siamo, più cha altro noi, i ‘buoni’ che vengono a fare volontariato quelli più spaventati. Da cosa, poi? Da altri esseri umani? Perché? Non lo so! Non l’ho mai capito e sono grata perché anche se ho fatto molti errori nella mia vita, sull’essere umano non credo di essermi mai sbagliata. I buoni ed i cattivi esistono ovunque. Sono le scelte che ci portano a diventare le persone che siamo. Scegliere vuol dire rinunciare, d’altra parte.

Cosa ho imparato? Che bisogna avere il coraggio di fare le scelte giuste, anche se sono quelle che ci fanno soffrire di più, quelle che ci sembrano più difficili.

“Trovai due strade nel bosco, scelsi quella meno battuta, per questo sono diverso”. (W.W.).

Carpe diem, qui e ora, ecco la grande risposta del mio viaggio in Honduras.

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