Scritto da Annalisa Bergantini

Fermarsi per ripercorrere questo anno di formazione. Dedicarsi il tempo della rielaborazione, dell’andare a rivedere appunti spezzati, dello sfogliare le pagine scritte, del sorvolare nuovamente le suggestioni fissate di getto nell’attimo della folgorazione educativa, quando un pensiero penetra nel tuo corpo e poi prende una strada tutta sua che non necessariamente tu saprai subito quale sia.

La bellezza di fermarsi a ritrovare nuovi sensi ad un tempo già vissuto, alle parole già fermate. È il compito più difficile, mentre il quotidiano ti chiama a finire “le cose da preparare prima del viaggio”. E ti sollecita a tentare di non dimenticare niente. E poi rischi di dimenticare di fermarti, di prenderti quel momento indescrivibile in cui ti avvolgi fra i tuoi pensieri e le tue domande. Allora ti fermi per cercare di leggere i segni che questo anno hanno tracciato su di te.

Ti ricordi di un monito, più di un anno fa: “le parole sono importanti”.

Riapri quel libro, già tante volte accarezzato quest anno, per stamparti bene in mente alcune parole. Sono “fiducia”, sono “abitare il tempo, la natura”. Sono “vivere in modo da non offendere la loro povertà”. Sono frecce dritte al centro. “Voi non salverete nessuno. Voi ripartite, loro restano. Pulirsi i piedi prima di entrare”.

Rileggo le parole degli educatori e delle educatrici, e appunto con cura le parole di cui vorrei prendermi cura. Quasi per poterle avere con me, nel caso in cui ne avrò bisogno. Nel caso in cui me ne dimentichi, potrò tornare a sfiorarle. Mi addormento così, con la penna in mano, poggiata su una pagina a quadretti. Stanca stasera di una stanchezza diversa, felice di essermi fermata a cercare “che cosa resta”.

Hoy vuelvo a la frontera/Otra vez he de atravesar/Es el viento que me manda/Que me empuja a la frontera/Y que borra el camino/Que detras desaparece

(“La Frontera” – Lhasa)

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