Scritto da Francesca Caggiano

Puntuale alla nostra partenza è arrivata, silenziosa e discreta, la stavamo attendendo ed a quell’appuntamento non è mancata, la pioggia. Lieti, l’abbiamo accolta.

Ci siamo proprio tutti, il cammino di oggi può cominciare, un cammino fatto di passi indipendenti e svincolati da qualsiasi relazione.

Quel silenzio avvolgente, ricercato, rassicurante, atteso, a cui troppo raramente ci concediamo, ci ha accompagnati in quella inusuale dimensione. Ognuno posto spontaneamente equidistante dall’altro, nomade nel proprio deserto, una la strada e suprema la pioggia che ci univa in un unico abbraccio.

Con lo sguardo rivolto dentro, scrutando quel terreno così vivo e brulicante, siamo giunti in spiaggia. Quel mare ci attendeva, grigio, piccole le onde; anch’esso discreto, sobrio, quasi a non volerci disturbare. La spiaggia ricoperta di rifiuti e di strani frutti si faceva osservare. Qualcuno si è sentito libero di camminare a piedi nudi lungo la riva, chi sotto e chi sopra un albero si è fermato, altri camminavano avanti e indietro per quella spiaggia quasi a volerle rubare ogni scorcio. Di fronte a noi il paese di Portoferraio adagiato su quella costa increspata, rendeva la vista ancora più affascinante.

Di ritorno, già nostalgici di quella dimensione a cui ognuno aveva dato un proprio senso, abbiamo regalato ad un foglio ed a un destinatario da noi scelto i nostri pensieri, delineando i tratti di quel fiore sbocciato nel deserto. Poter condividere così quel silenzio che ha fatto incontrare, dato consapevolezze o creato interrogativi, che ha rasserenato un animo troppo tormentato o ne ha scosso uno assopito.

La nostra condivisione, la Parola che schiude o fa sentire scomodo, che fa tirare un sospiro di sollievo, avvicina all’altro e forma un cerchio in cui tutto si ricongiunge.

Quando il Don ci ha parlato della “Parola – non Parola” inizialmente ci è risuonata come un ossimoro. Come una mamma che non può utilizzare la parola con il suo neonato, così noi piccoli ESF “in azione” interagiamo con altri linguaggi, così che il nostro esempio sia meglio di ogni spiegazione, il sorriso meglio di un Si, la stretta di mano più convincente di qualsiasi traduzione di Condividere, l’abbraccio più prezioso di un Grazie, l’agire meglio di ogni Parola pronunciata.

“Smontiamo la gabbia della nostra anima, durante la Parola questo succede”, ha ripetuto il Don, “svincoliamoci da ciò che ci tiene stretti, spogliamoci di ogni vestito, così saremo pronti ad affrontare l’imprevedibile”. E’ l’effetto inconscio che ESF ha su di noi ogni volta che la voce parte incontrollata raccontandosi, ogni volta che la gioia di condividere un piccolo miracolo, o coincidenza che dir si voglia, è più forte di ogni timore, ogni volta che le emozioni ci attraversano lasciando che qualche lacrima righi il nostro viso.

Arriva poi il momento di riscoprirsi amico di un albero, più vicini di quanto potessimo pensare, un amico da conoscere, da accarezzare, da abbracciare, un amico con cui confidarsi, con cui poter gridare ed a cui sussurrare un segreto. Affidarsi ad una discesa, viverla con l’impeto del gruppo, la fatica di fermarsi e l’inerzia da contrapporre con il timore di non farcela. Fin giù, dove un bosco che non c’era era lì ad attenderci, il nostro bosco.

A sera sotto quel tendone che ci teneva stretti l’uno all’altro, la festa, la goliardia di una torta-gelato spalmata sulle mani, la spensieratezza e la voglia di sorridere insieme.

Sopra di noi, un cielo stellato ad attenderci.

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