Scritto da Stefania Lissandrelli

Un paese con la polvere sugli alberi. Ma veramente.
Un paese con degli alberi stupendi, tra l’altro: tronco grande, robusto, frutto succulento, dolce e radici fondamentali, profonde.
Un paese con le elezioni vicine e il ricordo di una guerra, per nulla lontano.
Un paese con la capitale proprio tanto sporca, piena di gente colorata in contrasto col cielo sempre grigio.
Un paese che è l’insieme di tante regioni, diversissime una dall’altra, dai paesaggi mozzafiato che non stancano di rincorrersi dal finestrino dei pullman, che prenderli è sempre un’avventura.
Un paese che ho incontrato o che ho scontrato? Perché quando arrivi in un luogo e ti fermi a fare delle cose, poi, anzi durante, ne incontri tante altre di cose che si muovono e che ti smuovono un sacco di resistenze, certezze che pensavi granitiche, opinioni che non stanno sedute lì dove le avevi messe;
tutto in un gran movimento contagioso tra testa e pelle. Già, perché va bene farsi coinvolgere e non assorbire dalla realtà che incontriamo, ma chi dosa i livelli in questa intricata questione che si chiama viaggio?
L’Angola, un paese dove gli uccellini sono azzurri e le cipolline sottaceto verdi, ma verdi fosforescenti!
E soprattutto sono cinesi; cinesi come la maggior parte delle imprese che stanno costruendo caseggiati discutibili, capannoni, servizi vari e cinesi proprio come più della metà dei passeggeri di un volo per Luanda.
Un affascinate paese dalla terra rossa ma proprio rossa e chi è stato in africa mi capisce.
Un paese ricco, impoverito.
Un paese con dei giovani che vogliono e sognano cose grandi e belle e dignitose.
Un paese che ci prova.
Un paese che stasera saluto, ma che domani viaggia con me, in me.

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