Scritto da Nico Parasmo (dall’Honduras) e Rosario Volpi (dal Madagascar)

Nico e Rosario ci raccontano il viaggio della fiaccola tra Africa e Mesoamerica.

La fiaccola arriva in Honduras….

Nove mesi, questo è il tempo che io, insieme a tutti i miei ragazzi e ai miei collaboratori abbiamo dovuto aspettare per vedere una piccola fiammella entrare nel cancello di Casa Juan Pablo II. Nove mesi, sarà un caso? Non ho mai creduto al caso. Nove mesi come il tempo della gestazione. Inizialmente l’abbiamo assaporata da lontano: guardando foto, leggendo articoli, immaginandola, sognandola. Ci sono stati momenti che l’abbiamo sentita tanto lontano e momenti che l’abbiamo sentita qui vicino a noi, anche se lontana kilometri e kilometri.

Poi è arrivato, il 9 ottobre, la fiaccola portata dai ragazzi italiani ha varcato il cancello. La musica di sottofondo faceva scivolare i pensieri ancora più velocemente: io italiano, io hondureno, io figlio di Don Antonio, io padre di Casa Juan Pablo, avevo aspettato nove mesi e la tenevo nelle mie mani. Magia, sentimenti che si mischiano e che ti scaldano il cuore e l’anima.

Da questo giorno è stata lei, la fiaccola, l’indiscussa protagonista, di questo mese. Inizialmente ci ha accompagnato nei momenti tanto semplici quanto intimi della casa: una cena a lume di candela, una preghiere recitata abbracciati, una parola in cerchio; lei c’era, ci guardava, ci sosteneva.

La fiaccola aveva portato in noi venti una forza e delle emozioni mai viste e sentite, per questo motivo non potevamo più tenerla solo per noi, dovevamo aprire i cancelli, le porte delle case e portare questo calore umano a tutti.

Così la fiaccola arriva in città, il fuoco inizia a passare tra le mani di centinaia di persone, attraversiamo paesi, incontriamo persone con storie forti, storie uniche, incontriamo strade, strade impossibili, che piano piano il fuoco sgretola e rende accessibili a noi piccoli scartini.

Mi emoziono pensare che il fuoco sia passato tra le mani di un semplice bambino che studia al collegio di El Paraiso e dopo pochi secondi è nelle mani di S. E. Cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga. Sono pochi secondi ma è il simbolo che la fiaccola è un fuoco che scalda tutti, dal più piccolo al più grande. La fiaccola scalda i ragazzi italiani che l’hanno portata, scalda i ragazzi honduregni, scalda El Paraiso, scalda l’Honduras, scalda me e può scaldare anche te.

 

…la fiaccola arriva in Madagascar.

Può una fiaccola dare significato, senso, vita, passione ad un piccolo popolo disposto ad aprire strade impossibili?

Questa domanda ci accompagna da qualche mese, da quando cioè abbiamo iniziato a festeggiare i 30 anni della nascita di Exodus con l’accensione di una fiaccola in Terra Santa. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto la fiaccola direttamente dalle mani di don Antonio che è venuto a trovarci qui ad Ambalkilonga in Madagascar, insieme a Cristina. Tutta la comunità si è ritrovata attorno ad un grande fuoco acceso per illuminare e scaldare una fresca serata di fine inverno australe. I ragazzi erano emozionati e forse non sapevano neanche cosa sarebbe successo. Il piccolo Tolotra ha ricevuto da don Antonio la fiaccola, accendendola a nome di tutta la comunità, accogliendola non come un trofeo ma come un dono da custodire con cura.

Dopo aver letto insieme alcune pagine del diario che in questi mesi ha accompagnato la carovana, abbiamo ascoltato la storia di Michael uno dei nostri giovani, ex-ragazzo di strada e poi don Antonio ha lavato le nostre mani e i visi di ognuno di noi, perché quel fuoco brillasse ancora più vivo nei nostri occhi.

Acqua che lava, fuoco che illumina, vita che si condivide, questi tre momenti hanno scandito la veglia sotto le stelle insieme a colui che da 30 anni apre per noi e insieme a noi strade impossibili.

Racconta un detto dei Padri del deserto che un giorno Abba Lot si recò da Abba Giuseppe e gli disse dei suoi sforzi per mantenersi puro e in quiete, ma non soddisfatto chiese:

“Che cosa dunque devo fare ancora?”. L’anziano allora si alzò, e gli disse: “Se vuoi, diventa tutto come fuoco”. Ecco, don Antonio è un uomo fatto fuoco che arde, scalda e illumina ognuno di noi anche nelle strade più impervie. Da 30 anni lui è fiaccola per ognuno di noi, educatori e ragazzi di Exodus. Ciascuno di noi allora deve “accendersi” deve diventare fuoco, deve diventare una fiaccola. Quella accesa in Terra Santa e che in questi mesi ha fatto il giro delle comunità italiane ed è arrivata fin qui, dovrebbe essere la nostra metafora, l’immagine di noi che ardiamo e che accendiamo negli altri, compagni di cammino, il desiderio di una vita autentica. Allora, con le parole di Caterina da Siena potremmo dire: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia”, e – aggiungerei io – in Madagascar e nel mondo intero!

 

 

 

 

 

Condividi su: