di Marta Meroni

Caro Educatore Senza Frontiere,

con queste parole voglio provare a raccontarti cosa è stato per me il viaggio di fattibilità in Bangladesh.

Ci voglio provare perché, anche se tu forse non lo sai, una parte di te era lì con me. Proprio tu, sì! Non ci credi? Adesso ti racconto, non avere fretta.


Nel caso in cui non lo sapessi io e Monica, la nostra mitica Dottora, siamo state in Bangladesh due settimane e in questo prezioso tempo, in questo viaggio per me unico e speciale sotto ogni punto di vista, abbiamo conosciuto le persone che vivono e sono parte della grande comunità di Rishilpi, un’associazione che opera nel territorio bengalese da molti anni, e da loro ci siamo fatte accompagnare alla scoperta di questa realtà e dei suoi infiniti colori. 

Prima di partire ero pronta a lasciarmi sorprendere e avevo un gran desiderio di conoscere, osservare e provare a portare, in un modo un po’ timido e acerbo, un pochino di noi in questa nuova realtà.
Sarebbe stata la prima volta, per me, in cui mi trovavo faccia a faccia con la conduzione di una formazione.

Aggiungiamoci che sarebbe stato in un ambiente nuovo e in una lingua diversa: inutile raccontarti di come i giorni prima della partenza mi sono chiesta se fossi all’altezza di questo compito, se avessi appreso abbastanza in questi anni e se avessi saputo trasmettere almeno un briciolo di quanto le formazioni hanno sempre trasmesso a me.

Hai mai avuto questa sensazione? Di aver ricevuto talmente tanto da non sapere come ridarlo indietro. Ma ho deciso che non avrei dovuto pensarci troppo e così, mi sono fidata di chi mi ha dato fiducia.

Mi è piaciuto tantissimo preparare gli incontri, vuoi sapere perché?

Perché mi sono concessa del tempo per curiosare in anni e anni di archivi di Educatori Senza Frontiere, prendendo ispirazione da chi prima di me ha progettato, sperimentato e costruito incontri meravigliosi in diverse parti del mondo. Leggevo le parole di chi è stato in viaggio e in un attimo, dalla mia stanzetta di casa prima e da quella di Rishilpi poi, sono stata trasportata lungo anni e continenti: sono tornata in Bolivia insieme a Gabriella ed Elisa, con tutti quei fiocchetti rossi appesi alle sbarre di un cancello, passando da un Honduras invasa da clown, dall’Isola d’Elba e i suoi ragazzi; e ancora per l’Angola, il Brasile, la Romania, il Madagascar.

Ho ricordato i volti delle persone incontrate e ho immaginato i sorrisi, gli sguardi, la meraviglia di chi non ha mai incrociato fisicamente la mia strada, ma che ha camminato la nostra.

Voglio essere sincera con te, per sentirmi pronta mi sono nutrita del lavoro che gli Educatori Senza Frontiere hanno fatto nel corso di questi anni ed è incredibile quanto lavoro sia stato fatto: ho cercato di farlo mio, di trasformarlo e renderlo possibile in questa nuova terra di scambi e di possibilità, il Bangladesh.

Le due settimane sono volate e mi sono ritrovata a chiedermi cosa avessi ricevuto in dono da questa esperienza. La risposta, caro Educatore Senza Frontiere, forse la sai già: molto di più di quanto potessi mai immaginare.

Non riesco a spiegarti, ma credo tu possa capirmi, cosa significhi per me il fatto che, senza chiedere troppe spiegazioni e con il sorriso sulle labbra, le maestre, i maestri e i professori si siano fidati di noi e abbiamo accolto le nostre proposte fatte di piedi nudi, musica e colori. Si sono messi in gioco, senza tirarsi indietro. È stato un regalo incredibile vedere come, nel giro di poche ore, la timidezza abbia lasciato il posto alla spensieratezza e alla libertà di lasciarsi andare.

Se mi fermo mi chiedo: “Com’è stato possibile?”

Alla fine, se ci pensi, non eravamo altro che perfetti sconosciuti originari da due parti del mondo diverse, con uno zaino sulle spalle pieno di vissuti che hanno poco in comune. Eppure… Eppure, eravamo molto di più.

Ho voluto raccontarti di questo viaggio perché devi sapere che dal Bangladesh abbiamo ricevuto un regalo speciale, di quelli preziosi, da custodire: ci è stata donata una terra fertile per poter piantare un piccolo seme e persone pronte a prendersene cura.

È stato sorprendente, sorprendente e meraviglioso, non riesco a spiegartelo con altre parole. E chissà se con lo scorrere del tempo questo seme diventerà pianta, e poi fiore e poi frutto, e una volta raccolto il frutto chissà se ci saranno altre persone pronte a prendersi cura dei nuovi noccioli e ad attendere l’arrivo della primavera per poterne vedere nuova vita.

Io questo non lo so e non vedo l’ora di scoprirlo, ma se qualcosa germoglierà, in questa terra di acqua e fiori di loto, so che avrà delle radici, rigogliose e forti, solide come quelle ci hanno permesso di arrivare fino a lì, e di stare qui, caro Educatore Senza Frontiere, giorno dopo giorno insieme.

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