Una favola di Claudia Concas

Voglio uscire voglio uscire, voglio uscire!!

No, il Piccolo Uscio, non poteva, girava e girava ma senza poter ri-uscire.

Era da tanto tempo rinchiuso dentro il proprio guscio, scoraggiato, amareggiato non trovava pace per questa condizione. Dopo aver passato in rassegna tutti i film e tutti i libri che aveva a disposizione, preso dalla noia, si imbatté nel dizionario. Iniziò così a leggere il significato di tutte le parole, leggeva e memorizzava con tanta curiosità. Quando ormai lo stava per finire, arrivato alla lettera U, si soffermò sulla parola che più di tutte in quel periodo lo tormentava: USCIRE! Si, voleva proprio uscire!.

Iniziò così a leggere ed a sottolineare i significati che più gli sembravano vicini:

Muoversi dall’interno all’esterno di un luogo circoscritto, per indicare il luogo verso cui ci si dirige: uscire in giardino, sul balcone”

Si, in effetti sto uscendo in bagno, in cucina, in salotto, pensò Piccolo Uscio

“Allontanarsi da un gruppo di persone “uscire dalla mischia”- nessuna mischia, dentro il mio guscio sono proprio solo!

“Uscire dagli occhi, essere venuto a noia”- con tutto questo tempo senza uscire capita pure che ci si annoi, ed è pure bello annoiarsi!

“Uscire dai binari, modificare una linea di condotta stabilita”;

 “Uscire dai gangheri;

 “Uscire dal (o fuori del ) seminato, divagare, impazzire, farneticare”- ci sono dei momenti in cui mi sembra proprio di impazzire!!

 “Uscire di sé, infuriarsi, imbestialirsi”- beh! Questo capitava pure quando si poteva uscire! 

“Uscirne per il rotto della cuffia;

“Uscire di scena, dell’attore, lasciare provvisoriamente o definitivamente il palcoscenico, ritirarsi”- sono diventato pure un attore !!

“Andare al di là di un limite”- questo non poter uscire ci fa stare sulla soglia!

Pensava e ripensava a tutti i significati della parola uscire, che strana scoperta, li sentiva inaspettatamente suoi, gli appartenevano. Anche senza uscire scoprì che, si poteva, in qualche modo uscire!!

Passarono i giorni, le settimane ed i mesi finchè un bel giorno, Piccolo Uscio, intravide dei piccoli raggi di luce nel suo guscio: poteva nuovamente USCIRE.

Aveva aspettato tanto questo momento, sentiva il bisogno di nutrirsi di spazi aperti ed  infiniti, per poter rigenerare il  proprio corpo.

Si preparò velocemente, non voleva perdere altro tempo, poteva finalmente uscire! Varcata la soglia del cancello percepì strane sensazioni, luoghi a lui noti avevano una diversa parvenza, tutto sembrava nuovo: sentire l’aria sulla propria pelle, assaporare la terra sotto i propri piedi, sentire i profumi dei fiori e delle piante. Sentì improvvisamente sete di mare, montagne, fiumi, cascate, sole e persino di pioggia! 

Questa nuovo USCIRE era fatto di occhi che vedevano montagne e mari, di un corpo che li toccava e di una mente che li capiva!!

Gustava, passo dopo passo, ogni singola sensazione sonora del proprio cammino.

Lungo le strade di questo cammino fece pure degli incontri. Anche le persone sembravano nuove,  vedere tutti senza naso e senza bocca un pò lo spaventava, non riconosceva più nessuno! Così si concentrò sulla parte del corpo che ora meglio poteva vedere: gli occhi delle persone!! Anche loro avevano bisogno di USCIRE!

Piccolo Uscio vedeva finalmente gli occhi, occhi che mostravano l’essenza dell’altro attraverso l’intensità dello sguardo.

Fece tesoro di queste sensazioni, apprezzò ogni singolo istante di questo nuovo USCIRE  e decise di conservarne il ricordo in semplici scatti fotografici.

 

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