Educatori senza Frontiere è un luogo, uno spazio aperto, un’ esperienza da vivere insieme.
Solitamente organizziamo un fine settimana formativo a Maggio che riunisce educatori ed educatrici da tutta Italia.
Quest’anno non abbiamo preso treni, non abbiamo guidato auto, non abbiamo preso biciclette per arrivare al Parco Lambro qui a Milano, ma non potevamo rinunciare ad incontrarci, è per questo che oggi siamo qui per raccontarvi, un passetto all volta, quello che è successo alla formazione di Maggio, con le parole delle formatrici e dei protagonisti, 100 protagonisti.

Iniziamo con il racconto di Giorgia Dell’Uomo, storica formatrice di ESF che ci spiega il suo lavoro sul corpo. Dalla consegna data il sabato, alla restituzione di Domenica.

IL CORPO RISCRIVE IL NOSTRO QUOTIDIANO
“ATTIMI DI QUOTIDIANA BELLEZZA”

di Giorgia Dell’Uomo

Indicazioni per l’attività del Sabato: il corpo riscrive un anno di formazione.

FOCUS: piano fisico, piano emotivo, piano delle idee.
Metteremo l’attenzione su tre aspetti che fanno parte della nostra vita: le nostre azioni, le nostre emozioni e i nostri pensieri.
Ognuno dovrà scegliere un’azione della sua quotidianità, un’azione che compie ogni giorno dentro casa (preparare il caffè, rifare il letto, etc).
Una volta scelta l’azione, bisogna compierla realmente.
Se ho scelto la preparazione del caffé, devo davvero preparare il caffè.
La prima volta dovrò compiere l’azione molto lentamente: in quel tempo osservare tutto quello che accade (quali pensieri emergono, quali emozioni emergono, come mi sento fisicamente).
Compiere poi la stessa azione (per cui se ho scelto di preparare il caffè lo dovrò preparare di nuovo) stavolta ad una velocità o un ritmo diverso e anche qui osservare tutto quello che emerge.
Dopo aver compiuto l’azione queste due volte ed aver osservato tutto quello che è emerso, provare a mettere tutto nero su bianco diviso nei tre punti:
– piano fisico ……………………..
– piano emotivo …………………..
– piano mentale …………………..

Dopo aver scritto le proprie osservazioni, riprendere l’azione scelta e provare a togliere gli oggetti, l’azione è la stessa ma non ho più l’oggetto reale, dopo averla fatta una volta provare a giocare: la compio lentamente, la compio velocemente, la faccio diventare grandissima, la faccio diventare piccolissima.
Osservare cosa nasce e trascrivere le sensazioni emerse in una frase, tre righe, una parola.
Tutte le osservazioni trascritte andranno inviate a me e mi serviranno per una restituzione sulla domenica.

Restituzione di domenica:

Leggere l’esperienza di ognuno è stato come aver la possibilità di entrare nelle case e nelle stanze di ognuno, poter sbirciare i gesti e le azioni che venivano compiuti.
Nella lettura delle azioni lente anche il mio corpo rallentava e la lettura si faceva più densa. Ho sentito la vostra pesantezza e la vostra agitazione, ma anche il senso di liberazione e il divertimento nel sentirvi un po’ ridicoli e folli.
Cosa è successo davvero ieri?
Ognuno si è ritrovato nel proprio quotidiano e si è ritrovato davanti a sé stesso e ai propri pensieri. Molti di voi si sono trovati a proprio agio nelle azioni lente perché hanno avuto il tempo e la possibilità di occuparsi dei dettagli, dell’azione e di ciò a cui era rivolta l’azione. Nella lentezza ritroviamo un senso di cura, i nostri sensi si espandono, il nostro sguardo ha tutto il tempo di depositarsi su ogni aspetto, così come i pensieri.
Sostenere la lentezza non è sempre facile, questo perché la lentezza ci richiede un tempo di presenza costante, attimo dopo attimo.
Qualcuno si è ritrovato meglio nelle azioni veloci, perché non sentiva più quella sensazione di costrizione e impazienza data dalla lentezza. Le azioni veloci ci proteggono in un certo modo dai nostri pensieri e da quel senso di giudizio sempre presente. Cosa sto facendo? Sto facendo bene?
Il giudizio mantiene un posto d’onore nelle nostre vite. Ci siamo sentiti ridicoli da soli nelle nostre stanze e ripetere delle azioni quotidiane, a velocità diverse o mimandole o liberandole nella musica. Forse con il sostegno del gruppo, forse tutti insieme, ci saremmo sentiti più liberi e meno giudicati.
Mi sorgono allora alcune domande: abbiamo più paura di essere visti dagli altri o da noi stessi? Ci spaventa di più lo sguardo dell’altro o il nostro?
Nell’azione mimata molti hanno scoperto o riscoperto la libertà. Hanno giocato, hanno coinvolto tutto il corpo, sorprendendosi di non dover più pensare a fare bene.
“Il corpo sa cose che la testa non sa ancora di sapere” diceva Jacques Lecoq, padre del teatro fisico, e così è: affidandoci al corpo coinvolgiamo il piano fisico, emotivo e mentale, diventiamo un tutt’uno con ciò che ci circonda e possiamo essere l’azione, l’oggetto, la natura, la musica, l’emozione. Ciò ci sorprende, ci emoziona e ci commuove.
Qualcun altro ha avuto difficoltà con l’azione mimata perché non aveva più un obiettivo concreto da raggiungere, aveva smarrito la direzione o i pensieri si concentravano sul riuscire a ricreare fedelmente l’oggetto.
Ognuno ha vissuto questa esperienza a suo modo, con quello che c’era in quel momento, con quella che quella azione gli ha permesso e “imposto” di esplorare. Certo è che in questo viaggio ognuno ha scoperto o riscoperto delle cose come: guardarsi con attenzione allo specchio per la prima volta e vedersi bello, emozionarsi per la forza della propria presenza; riconoscersi buffi e ridicoli, ma non per questo fermarsi, anzi, cogliere l’occasione per liberarsi di tutto e divertirsi soli nella propria stanza. Stare nelle nostre quotidiane ci ha anche permesso di contattare dei ricordi, di tornare bambini, di quando con la mamma o con la nonna imparavamo per la prima volta quell’azione.
Credo sia importante in questo tempo, ripartire proprio dalle piccole azioni quotidiane, riscoprirne la bellezza e attraverso questa essere noi stessi portatori di bellezza, ovunque. Credo sia importante ripartire da noi, dalla nostra presenza per essere presenti con l’altro.

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