In questi giorni di “sosta”, i nostri Educatori senza Frontiere ci racconteranno il loro viaggio, il loro attraversamento di questo tempo, per non smettere di viaggiare mai, per non chiudersi mai dentro le frontiere.

Scritto da Lorenzo Bertoni

Crisi, dal latino crisis, etimologicamente significa: scelta, decisione, fase decisiva di una malattia.
Un tempo di crisi, é un tempo in cui siamo costretti a rivedere le nostre prioritá, e le possibilitá di tutti i giorni si assottigliano, come smussate da un seghetto invisibile.

Voglio partire da questa mia personale definizione di tempo di crisi per iniziare il nostro “Diario di viaggio, in tempo di sosta”, consapevole che io, a differenza di molti altri; non devo far altro che stare a casa, e che, per il momento, la fatalitá della situazione non mi ha toccato, se non in questa imposizione.

In questi giorni, non avendo altra scelta che vivermi nella sospensione di questo tempo, mi sono ritrovato a pensare a cosa sia per me un viaggio e come la mia concezione di sogno stia cambiando in questi giorni.

Facciamo un po´di ordine: fino ad un mese fa ero in Honduras, terminando il mio anno di servizio civile all’interno di una comunitá di recupero per tossicodipendenti; e sognavo un ritorno in Italia, un ritorno a una gestione del tempo che fosse legata solamente alle mie esigenze, senza gli orari e i riti che caratterizzano, inevitabilmente, la vita comunitaria (sveglia alle 6.30, inizio attivitá lavorative alle 8.00, pranzo alle 12.00 ecc…) ed un abbraccio alle persone a me care. Ora sogno piú o meno le stesse cose, anche se sono in Italia, anche se sono a Varese.

La mia città è il luogo in cui desidero ritornare, per poi magari ripartire, ma che ogni volta mi emoziona a pensare di poterlo vivere in tutti quegli aspetti che me lo hanno fatto ricordare.
Fa strano da pensare, ma la distanza kilometrica, sebbene si sia notevolmente ridotta, non ha cambiato la sensazione di lontanza che ancora oggi provo.

Anche i miei sogni sono cambiati; mi sono sempre immaginato in situazioni e contesti nuovi, che fossero sconosciuti e anomali, ora invece, desidero quella normalitá che pensavo mi fosse dovuta e che invece non lo era. Mi ritrovo a sognare un abbraccio, un bacio, di uscire di casa, di vedere fisicamente altri esseri umani.

Un viaggio, letteralmente, é il trasferimento da un luogo a un altro, con uno o piú mezzi di trasporto; in questo momento, il mio trasporto é il pensiero che mi porta a riflettere sul viaggio appena termianto e a sviscerare i cambiamenti di questa situazione; consapevole che un viaggio nasce proprio dai cambiamenti che modificano il nostro stare nella realtá che ci circonda.

Il mio viaggio continua e non so quando terminerá, nel frattempo ne rifletto le potenzialitá e le tragicitá, aspettando che all’uscire, si possa iniziarne uno diverso.

Non sogno piú lo straordinario,
sogno l’ordinario:
un abbraccio, un amico che saluta e si avvicina, due occhi che s’incrociano col respiro condensato che fa da nebbia.
Continuo ad aspirare all’irraggiungibile,
ma sogno una serata d’estate tra abbracci e risate.

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