di Laura Floris

Scrivo al mio rientro dall’Africa, a tre giorni dal momento in cui ho salutato quei bambini gioiosi, quella gente sorridente, accogliente, quei paesaggi colorati, quella terra rossa, quel sole bollente. Scrivo con nostalgia e malinconia. Sì, sono passati solo tre giorni ma già ne sento la mancanza. L’Africa è così, coi suoi mille difetti ti colpisce, ti segna, ti lascia un’impronta indelebile sul cuore. Ciò che più ti rimane non sono quei difetti, il chiasso, il disordine, le strade dissestate. Tutto questo diventa parte integrante di una realtà meravigliosa fatta di gentilezza, ospitalità, allegria. È questo ciò che ti rimane, le persone che incontri e che, vuoi o non vuoi, incrociano la tua vita e lasciano il segno.
L’Africa è semplicità. L’Africa è trovare meraviglia anche nelle cose per noi più modeste. Come i bambini di Daloa che si divertono come matti a passare sotto a un filo per fare il Limbo, a togliersi le ciabattine e correre scalzi per essere più veloci, a ballare e scatenarsi sul ritmo della loro musica tipica o della nostra. Non importa se tu sei bianco o se parli un’altra lingua, se non indossi abiti locali o se i tuoi capelli non sono ricci e neri; a loro non importa che tu sia diverso, ti abbracciano, ti tengono per mano, ti chiamano e ti coinvolgono come fossi parte di quella cultura, di quel popolo che ha tanto da insegnarci.
Ricordo perfettamente la prima volta che ho messo piede in una scuola. Una folla di scolaretti sorridenti ci aspettava fuori dalle classi. Qualcuno impaurito, qualcuno curioso, qualcuno impaziente di scoprire che cosa avevamo in serbo per loro. La reazione dei bambini è sempre emozionante. Sono felici di giocare, lo si percepisce dal loro entusiasmo, e sono felici di mettere in pratica qualcosa di nuovo, un po’ diverso dai soliti schemi imposti dai loro maestri. Lo dimostrano i loro occhietti pieni di gioia, i loro piedini che corrono da una parte all’altra, le loro risate che mi fanno stare bene e il loro agitare la manina per salutarci e urlare “Au revoir maÎtresse”.
È una terra splendida l’Africa, ti regala un’energia diversa e ti permette di toccare con mano una realtà a volte tanto dura. Come quando gli insegnanti che hanno preso parte alle nostre attività, si sono fidati di noi aprendosi, raccontandosi, commuovendosi, rendendoci partecipi delle loro vite difficili. Vite che hanno fatto i conti con la povertà, con la malattia, con i lutti, con la mancanza di opportunità, e che un gradino alla volta, dal nulla, hanno costruito il loro futuro diventando con orgoglio gli uomini e le donne che sono oggi.
Mi mancheranno. Mi mancherà quel francese sgangherato, quegli odori forti, quel cortese e continuo “Bonjour” e “Bonsoir” a chiunque si incrociasse per strada. Mi mancheranno le manine curiose dei bimbi più piccoli che mi toccavano i piedi perché di così bianchi non ne avevano mai visti, o le bambine a cui piaceva tanto giocare coi miei capelli e creare delle acconciature bellissime.

Nella mia mente rimarranno impressi per sempre gli occhi speranzosi dei bambini. Gli occhi di chi ha scritto su dei bigliettini colorati che cosa avrebbe voluto fare da grande, e quelli di chi, accoccolatomi intorno, ammirava sul mio telefono le foto dell’aereo che dall’Italia mi ha portato sin là.
Ti ringrazio Daloa e ti lascio col desiderio che tutti i sogni di quegli occhi speranzosi un giorno si possano avverare.

Scrivo oggi col cuore che piange perché mi manca quella terra così reale, dura e amara, ma allo stesso tempo così sorprendente. Una terra che si sveglia sotto la melodia di voci straordinarie, una terra magica fatta di gente dal cuore grande e bambini sognanti.

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