di Miriam Magrì

“ La destinazione del tuo viaggio è HONDURAS e le tue compagne saranno: Valentina, Adriana e Alessia.”
Io? In Honduras? Nella comunità di recupero di soli ragazzi?
…timore…Non mi sento adatta…e le mie compagne come saranno? Non le conosco bene. Riuscirò ad adattarmi a tutto ciò e a stare bene un mese intero?

E’ in quel momento e con quelle domande che decisi di scommettere e di buttarmi, di vivere ciò che sarebbe stato. Avevo paura, ma provavo anche curiosità. Avevo timore, ma anche desiderio di conoscere. Non avrei neanche mai pensato di trovarmi seduta ad una scrivania a scrivere tutto quello che ho vissuto e tutto quello che quest’esperienza mi ha lasciato e che, ora, rifarei altre mille volte. Mentre trascorrevo le mie giornate, intense e travolgenti, non mi accorgevo di quanto essa mi stesse cambiando e di quanto mi stessi affezionando a ciascuno dei ragazzi della Casa. Ho creato legami che mai avrei pensato di costruire. Provo amore per la quotidianità di quella Casa, che azzarderei chiamare famiglia, amo la sua routine e la sua profonda diversità culturale. Inoltre amo tutto ciò che mi ha donato quest’esperienza, quei visi e quei sorrisi di accoglienza. Ho sempre percepito un grande rispetto verso di me e verso le mie compagne.
Inizialmente, sull’aereo verso la città di Tegucigalpa, sentivo curiosità, mista a timore, pensavo a quello che sarebbe successo, ma la cosa che più mi sosteneva è che sarei stata in gruppo e che non avrei fatto nulla da sola. Questa consapevolezza mi dava il coraggio che mi serviva, anche perché sapevo che le mie compagne erano in gamba.
Il primo incontro con i ragazzi della casa è stato bellissimo! Ci hanno accolto a ritmo di musica con uno striscione con scritto “Bienvenutos”. Anche Nico, chiamato “il Maitro” dai ragazzi, perché è il Responsabile della Comunità ed è riconosciuto e stimato come la figura principale ed autorevole della “Casa Juan Pablo II ”, ci ha accolto calorosamente, mostrandosi subito disponibile e mettendoci a nostro agio. E’ un personaggio tutto da scoprire ed ha la mia più grande stima per quello che è riuscito a costruire e per il lavoro che continua a fare dando il meglio di sé stesso. E’ difficile non conoscerlo, data la sua simpatica parlantina romana, ma non dategli del napoletano! non sia mai! Soprattutto quando ha finalmente la possibilità di dialogare con italiane tornando alle sue origini. Grazie a lui abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio la storia del posto e la cultura honduregna, per cercare di comprenderla più a fondo, soprattutto quando, alle volte, sembrava difficile farlo.

A El Paraiso abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria: il paese era in festa per ringraziare della nostra presenza e del lavoro che avremmo svolto in tre settimane. Ci siamo trovate coinvolte nei festeggiamenti, che prevedevano uno splendido buffet, nonché esibizioni di trampolieri, e danze tradizionali, gente che continuava a scattarci foto come se fossimo “Gesù risorto”, una mostra artistica e il saluto ufficiale da parte delle Autorità locali. Tutto ciò non poteva che farci sorridere.
Dopo il primo giorno i timori si sono ripresentati, perché percepivo una sorta di blocco dovuto alla reciproca estraneità, e sentivo la necessità impellente di sbloccare la situazione, ma poi ho capito che si trattava di un mio problema. Mi sono confrontata così con la mia poca pazienza e con la paura di non riuscire a dare tutto e subito, dimenticandomi il valore dell’attesa. Infatti ho compreso che tutto arriva al momento giusto; l’ho capito grazie alle mie compagne, con cui ho avuto modo spesso di confrontarmi, e l’ho capito nella quotidianità e nella possibilità di condividerla con ciascun ragazzo. Non serve fare grandi cose per donarti e donare, ma basta la tua presenza, l’esserci a 360°, che richiede sì fatica ed impegno, ma che ti cambia e ti fa conoscere. Gli incontri cambiano ed è importante sforzarsi di immedesimarsi sempre nella prospettiva e nel vissuto dell’altro.

Abbiamo anche trascorso le mattine in diverse scuole, insieme a tanti bambini di età differenti, ai quali abbiamo proposto giochi, animazione ed attività formative. E’ stato un vero e proprio lavoro. Delle volte avevamo tanta carica ed energia, delle altre eravamo meno disposte, ma ci abbiamo provato, sempre.
Inoltre ammetto di aver avuto momenti di crisi e di difficoltà, perché faticavo a comprendere fino in fondo una cultura e un’educazione tanto diverse dalla mia. Riflettevo e mi domandavo se quello che stavo facendo nelle scuole serviva. Che cosa potevo portare nel corso di una sola mattinata di pura animazione? Mi interrogavo sul senso del mio viaggio… Cercavo risposte evidenti quando in realtà tante si trovavano già dentro di me, oppure si stanno concretizzando e manifestando solamente ora…una volta tornata.

Un giorno una bambina mi ha dedicato un disegno, accompagnato da una frase che mi ha colpito molto, oltre a rendermi felice: “Tu cambieste este dia, Gracias. Te quiero.”
Mi ha donato una chiave di lettura sul senso di ciò che stavo facendo e sul tempo che gli stavo dedicando. Ogni persona che ho incontrato mi ha arricchita, ognuno con la sua storia, con il suo carattere e con il suo mondo mi ha fatto capire che siamo piccoli…che sono piccola e l’unico modo per spalancare le prospettive del mio minuscolo universo è ascoltare ed ascoltarsi e per fare ciò serve l’incontro e serve la relazione.

Entrambi sono contenuti nell’esperienza, perciò mi rivolgo a te per consigliarti: viaggia, presta attenzione, buttati e conosci, questo è il consiglio che vorrei dare a ciascuno, perché solamente attraverso l’esperienza si potranno scoprire cose nuove, ora sconosciute, ma che solamente attraverso di essa si potranno capire. Soprattutto ora dove i muri si alzano e le orecchie si chiudono, abbi il coraggio di andare contro corrente e di provare a metterti in gioco, perché ricorda siamo piccoli e non esisti solo tu. Mi permetto di dirti un’altra cosa…questa esperienza che farai, la saprai sempre e solo tu e sarà difficile spiegarla, perché ci sono “Eventi” che superano le parole. Grazie a ciascun ragazzo della “Casa Juan Pablo II” per avermi arricchita e avermi fatto scoprire il suo piccolo e grande mondo, ricorderò ciascuno di voi.

L’Honduras è pericolosa…mi ha permesso di vivere davvero!

“L’incrocio tra quello che siamo stati e quello che vogliamo essere;
potrà portare a quello che saremo”

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