Di Giorgia Dell’Uomo

Nel riconoscere il movimento riconosco me stesso.

Galimberti ci dice che: “…in ogni gesto c’è la mia relazione col mondo, il mio modo di vederlo, sentirlo, la mia educazione, il mio ambiente, la mia costituzione psicologica, il mio modo di offrirmi, tutta la mia biografia.”

Il nostro corpo è il mezzo attraverso il quale noi ci manifestiamo, è il nostro strumento da imparare a conoscere, col il quale giocare, il quale studiare in modo approfondito e dal quale far uscire la “musica” più bella.

Siamo circondati da persone, da oggetti, dalla natura, da tutto il mondo in cui viviamo, ma prima di tutto siamo circondati dal nostro corpo, e così i nostri gesti e le nostre azioni sono il nostro mondo circostante.
Il primo passo sarà allora mettermi in ascolto e in osservazione di questo mondo a stretto contatto con me stesso. Attraverso l’azione risvegliare una memoria fisica che ci racconti chi siamo. Perché determinati movimenti mi fanno gioire o mi mettono in difficoltà? Perché osservare il mio respiro mi dà la sensazione di aprire nuovi spazi dentro di me? Perché chiudere gli occhi mi dà la sensazione di perdere il controllo con ciò che accade fuori? Perché andare veloce mi viene naturale e andare lento mi rende più vulnerabile?

“Il corpo nella pratica educativa” vuole provocare delle domande a cui non dare delle risposte logiche e soltanto teoriche, ma vuole stimolare delle sensazioni per imparare a riconoscerci in ogni nostra azione e in ogni nostra reazione, per arrivare a comprendere sulla nostra pelle quello che anche Piaget affermava, ovvero che insegnare è ricordarsi che dove oggi vi è un concetto all’inizio vi era un’azione.

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