Scritto da Lara Zizolfi

Quattro anni fa mi capitò fra le mani un libro intitolato “Educatori senza frontiere”, ne fui subito incuriosita, cominciai a leggerlo e più proseguivo la lettura, più mi rispecchiavo in quelle parole che traducevano emozioni e pensieri di anni.

Inizia così un viaggio che dai grattacieli milanesi, mi ha portata fin qui, tra le verdi colline marchigiane. Un viaggio imprevedibile, fatto d’incontri, emozioni, speranze, amicizie, fatiche, risate, pianti.

Un viaggio che ha scombussolato la mia vita e che ogni giorno mi mette a dura prova. Una tra le prime cose che mi impensieriva, quando ho iniziato a lavorare in Exodus, è come avrei potuto portare il mio essere educatrice senza frontiere in comunità. Ho iniziato a ripensare a tutte le attività svolte durante la formazione e a maledirmi per non averle trascritte. Il bagaglio che mi portavo appresso ogni tanto sembrava un peso più che una risorsa.

Poi un giorno ho ripensato ad una frase che mi ha detto uno dei ragazzi della comunità “Voi ESF siete diverse, eppure c’è qualcosa che vi accomuna, vi si riconosce subito!” e ho iniziato a capire che forse essere educatrice senza frontiere non è un modo di fare, ma di essere; che non avevo bisogno di inventarmi o ricordarmi chissà che cosa, bastava che fossi semplicemente io, perché in quell’Io è racchiuso il mio viaggio con ESF, il nostro viaggio.

Un viaggio che è stato ed è un nuovo inizio, un modo per ritrovarmi, una sfida, un ritaglio di tempo  per non pensare alla quotidianità, per camminarmi dentro, per riconoscere i miei limiti ma anche per apprezzare le mie potenzialità, è stupore, bellezza, è un abbraccio stretto, una coccola, accoglienza, è pulirsi i piedi prima di entrare.

E come fa ad essere complicato riportare tutto questo in Exodus? In fondo è quello che cerchiamo di comunicare ai ragazzi ogni giorno, quando varchiamo il cancello della comunità ed inizia una nuova imprevedibile giornata di lavoro, di vita.

Condividi su: