Scritto da Sabrina Lucidi,

Shopenhauer diceva: “I pensieri messi per iscritto non sono nulla di più che la traccia di un viandante sulla sabbia: si vede bene che strada ha preso, ma per sapere che cosa ha visto durante il cammino bisogna far uso dei suoi occhi” … e delle sue mani! – aggiungo io.

Giorno 3: ESF in Cammino.

La strada è semplice e neanche tanto lunga geograficamente: Capranica – Sutri, appena 8 chilometri e mezzo. Otto chilometri e mezzo. Veramente pochi se paragonati all’intensità d’emozioni che hanno riempito lo spazio tra quel punto d’origine e destinazione.

Un tappeto di sacchi a pelo si colora con i primi raggi di un pallido sole che entrano dai finestroni di una palestra… riprendono vita lentamente, ma già ridono e sorridono degli incubi pericolosi scampati nella notte!

A pancia piena, il buongiorno è tutto da cantare, perché la giornata sarà lunga e come non dedicarsi qualche simpatica melodia da storpiare a ogni occasione…?

E poi stasera c’è la veglia… “la veglia?”, mi domando. In una cripta? A Sutri? Ah!

Intanto, però si intonano/stonano canzoni allegre e spensierate!

“le mani, le mani, che sanno di mare, che sanno di terra, che sanno di pane,

battiamo le mani per farci sentire, più forte le mani, le mani”

Chissà perché le mani poi! Noi il cammino lo facciamo a piedi! Bah!

Effettivamente, invece, tante mani fanno e disfanno gli zaini, riordinano, si aiutano e si prendono cura l’uno dell’altro, anche solo nel regalare un po’ di dentifricio a chi con un occhio ancora chiuso e uno aperto non riesce a trovarlo!

Quelle stesse mani che, poco dopo, si ritrovano a scrivere di una passeggiata in silenzio…

Si vede il borgo da lontano; verrebbe voglia di ascoltare in silenzio la vita dei passanti di questo qualunque sabato mattina, ma l’umore bianco del cielo piuttosto invita a un attimo di solitudine e silenzio con se stessi.

Da una panchina, il verde è brillante su quello sfondo bianco, quasi fosforescente, riempie gli occhi e invita alla contemplazione. Il pensiero va a fondo di una frase scritta su un libricino: “la felicità è una porta che si apre dall’interno: per aprirla bisogna umilmente fare un passo indietro… fare un passo indietro”. Pensieri che vanno e vengono… nel tentativo di fermarli sulle righe di un diario…

mi guardo intorno…

Contemplazione…

C di Contemplazione… ma anche di Coraggio. La Curiosità prima del Coraggio.

Penso all’alfabeto indispensabile del viaggiatore in cammino…

S di Silenzio,

L di Lentezza

Z di Zaino, fedele compagno

V del Verde negli occhi,

P per Poesia,

I dell’Improvvisazione e dell’Istinto,

M di Meraviglia,

G di Gratitudine,

A del saper Ascoltare…

E in quest’ascolto silenzioso, sono i pensieri a fare rumore: è forte e acre l’odore dell’erba bagnata, si sente il cinguettio degli uccelli e mi soffermo sul nero planare di ali di merlo… qualcosa di rosso fiammeggiante nel becco… l’erba verde fosforescente… il cielo bianco…

nel silenzio, ascolto i colori…

Ascolto il rumore dei passi che mi riconducono tra la gente…

Ascolto le parole di un simpatico e burbero signore che sa smuovere e stimolare nel profondo…

“Chiamatela anima, chiamatela spirito, chiamatela saggezza, chiamatela linfa o trovate qualunque altro nome vi aggradi…

Cos’è che la determina? La POESIA!

Cos’è che la insegna? Il SILENZIO!

Cos’è che la nutre? L’AMICHEVOLEZZA!

Amichevolezza che passa prima di tutto attraverso il corpo, attraverso i gesti, attraverso le mani, le mani, le mani…

E’ ora di rimettersi in cammino. Un andare che incontra occhi, pioggia, paesaggi, ma soprattutto storie… storie di vita, storie da condividere, raccontate senza filtri.

Passo dopo passo, parole, ricordi, sorrisi e risate… affinità, differenze, insegnamenti, stimoli, riflessioni e appuntamenti al prossimo incontro hanno accorciato di molto la distanza geografica.

Finalmente a Sutri, che quella notte, nella misticità della cripta di una chiesa, mi regalerà la magia di momenti indimenticabili.

Sono semplici parole, sono suoni, sono carezze, sono profumi, sono momenti che guardano un corpo muoversi in uno spazio immaginario. Sono l’ accuratezza e l’attenzione nel dettaglio. Sono anche la spontaneità della creatività. Sono la solennità e la celebrazione di un momento presente estremamente intenso.

Il canto celebra di nuovo le mani…

“se sei un amico ti stringo la mano, se chiedi aiuto ti tendo la mano, e prendi la mano, e dammi la mano, e prendi la mano e dammi la mano”

Sì, perché è ancora tutt’un gioco di mani: mani che impastano il pane, che versano il vino, che accarezzano il volto, che si stringono formando una catena umana, mani che donano, mani che ricevono… Mani che hanno raccolto frammenti di mondo lungo il cammino e, con profondo affetto, stima e gratitudine, hanno dato valore al dono di una semplice stola…

Mani a regalare l’intensità di sentiti abbracci, mani ad asciugare lacrime di commozione, mani a trasmettere amore e rispetto.

Mani, mani, mani, i cui gesti fermano il tempo e lo trasformano in prezioso ricordo.

…un tappeto di sacchi a pelo colorati si lascia illuminare dal buio della notte che entra dai finestroni di una palestra… ridono e sorridono per la tanta voglia di vita e si abbandonano soddisfatti ai sogni che la notte è pronta a regalargli.

 

 

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