Scritto da Sofia Antonioli

Ti ritrovi un giorno con qualche sicurezza, convinto di poter controllare chi sei e cosa fai e sicuro di chi sei e del perché lo fai, ecco, proprio in quel momento ti rendi conto che sei ferma. Ti rendi conto che non ti bastano quelle sicurezze e che hai bisogno di fare qualcosa per te stessa. Allora puoi decidere di godere di quell’apparente controllo della tua vita oppure hai quel briciolo di pazzia necessario per non accontentarti, per rimettere in gioco tutto, per sforzarti di entrare in contatto con estranei, per essere disposta a farti scuotere dentro. Questo è stato il mio arrivo ad Esf: cercavo qualcosa che mi desse qualche scossa, che mi desse la possibilità di non stare ferma. Avevo partecipato a un incontro di presentazione del cammino di Esf due anni fa, poi avevo lasciato tutto in un angolo. Ma a fine ottobre quell’angolo sono andata a riguardarlo, quasi per caso, una settimana prima dell’apertura dei corsi di Esf, e ho deciso di andare a vedere quanto da quell’angolo potevo avere uno sguardo diverso delle mura della mia casa. Due incontri, però, passano in fretta e poi bisogna fare un’altra scelta: continuo il percorso ad Esf? La risposta non è stata così semplice: è stato necessario pensarci e ripensarci, perché, ho pensato e ripensato, significa rimettersi in gioco e andare più a fondo, significa pensare che forse ci sarà un viaggio ma non sono certa che ora voglio e posso farlo. Poi ho pensato che i primi due incontri mi avevano dato ciò che cercavo: domande e occasioni di confronto e di crescita e un gruppo che, soprattutto nel secondo incontro, ho iniziato a sentire un po’ più mio. Ed eccomi qua, di nuovo pronta, con lo zaino in spalla. Ma il mio è uno zaino speciale, perché non serve ancora per andare in qualche paese lontano, ma per non smettere di  camminare dentro me stessa… e questo mi fa sentire molto pellegrina e… felice.

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