Scritto da Jennifer Gaspari

La Verna. Ci incontriamo qui, in un convento immerso nel verde.

Avvolti dalla foschia e dal vento iniziamo il nostro cammino. Siamo tanti nelle nostre mantelle colorate. Tanti desideri e aspettative per quest’avventura appena iniziata si riflettono nei nostri occhi, coccolati e protetti dalla nebbia che ci circonda.

Iniziamo il nostro cammino e ci sembra quasi di rimanere sospesi  mentre avanziamo, progredendo immersi in un nulla che pian piano, passo dopo passo, ci riempie, diventando tutto quello che ci serve.

Ci osserviamo, ci parliamo.

Molti di noi non si conoscono: siamo diversi,  tanti Educatori Senza Frontiere che hanno scelto di esserci per raggiungere le più diverse “mete” ma uniti nel cammino, e che stanno muovendosi insieme.

Camminiamo nel silenzio.

La pioggia, a volte cattiva e violenta su di noi, altre volte delicata, cade incessante sulle nostre teste e sui nostri passi e si fa nostra compagna di viaggio. Ci mette in difficoltà, rende il terreno bagnato e scivoloso e la salita diventa difficile.

Ed è proprio ora che accade la prima meraviglia: mani tese, bastoni allungati, ci si guarda davvero, ci si aspetta, sentendosi responsabili gli uni verso gli altri.  La pioggia permette ai nostri passi di lasciare delle orme nei sentieri che percorriamo, e ad ogni impronta lasciata sul terreno corrisponde un’orma lasciata dentro di noi. Riscopriamo il piacere e la gioia della semplicità: le gocce che ci bagnano da testa a piedi, la terra fra le nostre dita, i prati verdi e i ruscelli…tutto è straordinariamente semplice e affascinante.

Affrontiamo il silenzio, impariamo un poco a conoscerlo e a farlo nostro, a non averne paura. Lo interroghiamo e ci interroghiamo mentre i piedi si appoggiano alla terra con forza: non la vogliono lasciare, vogliono farcela, proseguire. Il silenzio cammina con noi, ci camminiamo dentro insieme a lui: siamo noi a  guidarlo o è lui che guida noi? Ci affidiamo a lui, e con lui ci affidiamo forse a noi stessi, ci scaviamo un po’ dentro.

Il silenzio diventa così una moltitudine di tempi insieme, scorre a ritmi diversi per ciascuno di noi, regalandosi a poco a poco oppure sorprendendoci e togliendoci il fiato,  divenendo il tempo della scoperta per alcuni, il tempo per fermarsi  e afferrarsi per altri, il tempo per riprendere contatto con quanto spesso scegliamo o dimentichiamo di considerare nella vita di tutti i giorni.. .

Qualcuno forse ha trovato delle risposte, altri magari hanno continuato a  farsi nuove domande  quando arriviamo tutti alla nostra prima tappa di sosta.

Qui il cammino si fa a due. Due persone che si uniscono. Iniziamo ad educarci al passo dell’altro, ci educhiamo all’incontro. Si parla di noi, del nostro cammino di Esf, delle speranze e dei sogni, di quello in cui crediamo e di quello che stiamo cercando. Ma la pioggia non si accontenta: ci vuole ancora diversi, ci vuole più uniti. Ci costringe ad aspettarci nuovamente, a sorreggerci nelle discese più pericolose, a contarci e ricordarci di tutti gli altri, a chiederci come stia andando per quelli che ancora sappiamo lontani. Ci vuole gruppo e non più semplici individui.  Sono momenti difficili che  richiamano le fratture delle nostre vite, e  gli scogli che quotidianamente incontriamo.

Meditiamo sui passi, sui motivi diversi che ci spingono a camminare: chi è in cammino per cercare, chi per cambiare, chi per incontrare, chi per guardare un passo avanti, chi per aprirsi, chi per chiedersi, chi per perdersi e ritrovarsi, chi per “toccare le stelle”… E ancora una volta è proprio il camminare ad unirci.

Quando la sera raggiungiamo la palestra che ci ospita siamo stanchi e bagnati ma ancora sorridenti e desiderosi di andare avanti. Veniamo accolti con dolcezza da chi, pur non indossando le scarpe da trekking e lo zaino, ha comunque continuato sempre a camminare al nostro fianco. E il cuore ci si allarga.

Siamo ora pronti a scambiarci i doni che abbiamo preparato. E scopriamo così che il vero dono è la storia dell’altro, è la nostra storia, quanto sia difficile ma meraviglioso potersi raccontare.

E continuando a camminare, le distanze si accorciano ancora.

 

 

Condividi su: