Scritto da Annalisa Bergantini

Brevissimo e di per sé, sembrerebbe poco importante. Tuttavia va letto perché continuazione dell’ultimo, e fondamentale per il capitolo che a suo tempo seguirà.

È il lungo titolo del capitolo trentasei. Nella storia di Oliver, Dickens descrive nel titolo di ogni capitolo quel che accadrà in esso e come gli eventi siano legati a quelli già accaduti nel capitolo precedente.

Nella vita ci succede un po’ questo: viviamo certe esperienze perché prima ne abbiamo vissute altre che ci hanno portato fin lì. Anche se ‹‹di per sé sembrerebbe poco importante››.

E allora, come direbbe Dickens, vi racconto in sostanza alcune informazioni relative al perché una giovane gentildonna si è decisa ad incontrare finalmente Educatori Senza Frontiere.

Succede che un giorno ti ritrovi col dito sulla mappa a voler spiegare a un bambino di cinque anni che il mondo puoi vederlo anche capovolto, e che se giri la mappa, i paesi del sud diventano paesi del nord.

Cerchi le parole per raccontargli che sei stata in un altro continente chiamato Africa, che contiene un paese, che contiene una grande città che davanti ha un’isola. E che da quest’isola, milioni di uomini sono stati costretti ad attraversare il mare verso i porti di altre grandi città, contenute in altri paesi contenuti in un altro continente.

Succede che gli vorresti far capire che l’acqua non si spreca, perché in certi posti del mondo ‹‹c’è pure chi l’acqua non ce l’ha››.

In tutto questo scopri che i bambini sono spugne e che anche un bambino di cinque anni può essere educatore per sua sorella di due, quando le spiega che deve chiudere l’acqua ‹‹perché c’è pure chi l’acqua non ce l’ha››, ripetendo sputate le parole che gli avevi detto.

Siamo educatori ma non sappiamo di esserlo.

Magari a un certo punto arriviamo a sospettare che possiamo essere veicolo di esperienze verso gli altri, ma la parola educatore ci è ancora estranea. Ancora lontana quando nella settimana trascorsa con venti bambini in una tendopoli emiliana del dopo terremoto, cerchi di arrivare a fine giornata e non sai bene come fare. Eppure cogli i loro sguardi arrabbiati e poi luminosi, i sorrisi improvvisi, i gesti che respingono e i segni di avvicinamento. Torni a casa, e pensi che vorresti imparare a fare meglio.

Poi arrivi al primo incontro di Esf e ti chiamano subito educatore. E finalmente capisci cosa significhi questa parola, e tiri un sospiro di sollievo.

Educatore è chi educa e svolge l’azione dell’educare. Educare viene da educere: tirare fuori.

E succede che tiro fuori, da un tappeto di riviste magico, la mia impronta e la appiccico su una strada di carta srotolata per l’occasione.

E succede che Francesca tira fuori me da un foglio bianco. Sul foglio bianco c’ha disegnato l’Africa. E quindi io sono sul foglio colorato, che ora è l’Africa, che ora è me. Francesca allora educa me, mi tira fuori, anche se non abbiamo ancora mai parlato ma ci siamo solo guardate intensamente per due minuti.

E la domenica sera a casa, dopo il primo incontro di Esf, io e quel bambino di cinque anni, seduti per terra a gambe incrociate, facciamo un gioco: ci guardiamo intensamente per due minuti.

Prima io guardo lui, così gli faccio vedere come si fa. Poi lui, col collo in su, guarda me.

Dopo che ci siamo guardati, Emanuele dal suo foglio bianco tira fuori che io sono un frigo, una scatola di cereali e una bottiglia. Ma sono soprattutto un frigo: ‹‹perché il frigo è freddo e fa pensare alla neve e a quando abbiamo fatto a pallate e ci siamo divertiti da morire››.

Io ed Emanuele abbiamo tirato fuori un ricordo e insieme un momento di felicità.

Ma se Emanuele sa tirare fuori la felicità da un frigorifero, e Francesca sa tirare fuori un pezzetto di me da un foglio bianco su cui è disegnata l’Africa, e se io avrò tirato fuori una scintilla di curiosità da qualcuno che avrà letto questo racconto, allora è vero che siamo educatori pure noi?

Credo proprio di si. E tornata a Firenze, con gli occhi esfi, rivedo davanti a me tutte le esperienze che mi hanno portato fin qui, fino al mio capitolo trentasei: Educatori Senza Frontiere.

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