Lettera di Michela Gubitta per gli Esf

Cari ESF, sono qui per provare a raccontarvi la mia India, quella che ho visto attraverso le lenti un po’ sfocate dei miei occhi, quella che ho annusato a narici spalancate, quella che ho respirato a pieni polmoni tra un “om” e l’altro, l’India che ho vissuto per due lunghe settimane. Come Michela, questa volta… ma solo per poco, per il tempo di accorgermi che nel mio zaino insieme a due paia di pantaloni e quattro magliette c’eravate comunque anche voi, c’eravamo noi. C’era la storia di questi tre anni insieme, i nostri sogni e la nostra magia, c’era quel desiderio di prendere per mano i bambini incontrati per strada e intonare qualche canzone in cerchio, per stupirsi e riscoprirsi ancora nel fare semplicemente qualcosa insieme. C’era il nostro godere delle piccole cose, dal “namasté” di un’inserviente la mattina presto, al camminare con i piedi nel fango sotto l’incalcolabile umidità di un acquazzone tropicale.

C’era tutto questo con me, tutto questo e molto altro ma sapete bene quanto mi sia difficile tradurre emozioni e pensieri in parole, quanto l’oratoria non sia proprio la mia arte!

Questo paese mi ha fatto arrabbiare e divertire, non mi è piaciuto e mi è piaciuto allo stesso tempo, mi ha fatto venir voglia di ritornare a casa così come mi ha fatto provare un forte bisogno di restare, per provare a capirlo un po’ di più. Ho amato e detestato il cibo piccante, l’odore deciso e onnipresente delle spezie, il sapore del chai bollente. Ho amato e detestato passeggiare per vie affollate e rumorose, viaggiare su autobus logori. Ho amato e detestato la fastosità di templi e palazzi costruiti tra la miseria di case fatiscenti e la sporcizia di strade dimesse. Ho amato e detestato togliermi le scarpe e camminare scalza sull’asfalto torrido e su pavimenti imbrattati. Ho amato e detestato quella spiritualità tanto trasparente quanto arcana. Ho amato e detestato vedere bambini contrattare i prezzi delle loro merci con turisti stranieri richiamati da centinaia di statuette di elefanti in legno.

Strano come tante volte io faccia fatica a scrivere e raccontare e come questa volta, invece, abbia sentito forte il desiderio di farlo, il piacere di voler condividere tutto questo con voi. Namasté!

 

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