Scritto da Aurora Colantonio

Cristine non conosce i suoi genitori: era troppo piccola quando è andata in adozione. Non conosce neanche i loro nomi. Per i primi nove anni della sua vita  ha vissuto con i suoi zii. A nove anni subí la prima violenza: stuprata dal nonno di settant’anni. Allora cambiò famiglia: la presero una coppia che aveva già tre figli. Ma in famiglia non si sentiva accettata, perché loro erano bianchi, lei no. La sua condizione di “schiavetta” peggiorava di anno in anno, finchè a tredici anni avvenne la seconda violenza: stuprata dal padre. A quindici ebbe la sua prima figlia, dal padre adottivo. Ha cominciato a cercare consolazione nella droga a diciassette anni.

Cristine adesso ha quarant’anni, ha sei figli. Vive in una casa di una sola stanza, senza lavoro. Ma Cristine ha un sogno: che un giorno possa vivere una vita normale, con un lavoro normale, in una casa normale. Sogna di vivere con i suoi figli in armonia, che sua figlia lasci quello che lei chiama marito perché è  violento e la picchia. Perché spera che i suoi figli possano non passare mai quello che lei ha passato. Sogna che loro non si avvicinino mai al crack, perchè ha sentito sulla sua pelle il male che quella sostanza provoca. Sogna che non si avvicinino mai alla vita della “rua” e alle sue leggi (o obblighi). Sogna una vita nuova.

E come Cristine tantissime persone qui sognano di rinascere e di vivere una vita nuova. Persone che hanno sofferto, persone che hanno sbagliato. Persone che hanno vissuto con la violenza, con l’odio, che hanno fatto sbagli su sbagli, che non hanno trovato giustizia o amore nella loro vita. Queste persone hanno speranza, perché qui in Brasile la speranza non manca mai. Perché la speranza ti fa vedere la luce quando stai al buio. Perché la speranza è la scala che ti riporta in alto quando sei arrivato sul fondo.

Sognare ti rende libero. Grazie Brasile, che mi hai liberata.

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