Recensione di Cristina Mazza
“Credo infine che l’istruzione vada intesa come una ricostruzione continua dell’esperienza, che il processo e il fine dell’istruzione siano la stessa cosa” (John Dewey)
Mi sono imbattuta in questo libro per caso, pensando che fosse un trattato sull’educazione, incuriosita da una recensione di Massimo Recalcati che lo ha definito una vicenda “esemplare”. Mi sono trovata a “mangiare pagine” di un romanzo di vita vissuta in cui ho ritrovato passo dopo passo quell’azione educativa di chi è chiamato da sempre ad accompagnare processi di crescita partendo dall’altro e dalle sue potenzialità.
In situazioni di povertà, di ignoranza, di sottomissione ad una fede distorta, di violenza psicologica e fisica, trovare la strada – impervia- per trovare se stessi ha un po’ il sapore del miracolo che passa attraverso le parole di libri nascosti sotto il materasso, letti al lume di candela, e immediatamente chiusi con un rumore sordo e fatti scivolare nel nascondiglio segreto, quando passi pesanti di scarponi da lavoro scendono le scale del rifugio per trovare chi ha tradito la legge.
Ci vuole coraggio, ci vuole caparbietà, ci vuole convinzione di essere “qualcuno” che è stato messo su questa terra per uno scopo. Non un invisibile, ma un ESSERE UMANO. Una donna, ecco si una donna. Una ragazzina che sogna oltre le montagne che circondano la sua casa, e che attraverso le parole dei padri della chiesa, impara la grammatica e la storia, intravedendo una strada verso la conoscenza e una possibilità di fuggire dalle montagne e dalle violenze. E’ questo il fine della conoscenza: intravedere possibilità e misurarle su di sé sui propri sentimenti e sulle proprie potenzialità. Che sarai mai una donna intelligente? Casa, bambini, cucina, grembiule, pulizie, pollo arrosto della domenica, pranzo e cena serviti in tempo al momento del rientro del padrone – non marito, no padrone.
Una ragazzina che trova la sua strada. Una donna che poi incontra persone che riconosco in lei possibilità infinite. La storia ci insegna che per la maggior parte delle volte chi deve fare sforzi maggiori sono coloro che nascono femmine e che in contesti crudi e ottusi conquistano le possibilità a suon di prove ed errori.
Ecco si, questo è il ruolo degli educatori: intravedere, scrutare negli anfratti dei “nessuno” per trasformali in capolavori.
Si un libro esemplare.
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