Scritto da Savino Pezzotta

Speriamo sia la volta buona. Il Governo ha presentato le “linee guida” per la riforma del Terzo settore. E’ un’iniziativa molto importante da seguire con molta attenzione da parte di tutti quelli che credono che l’economia non sia solo un fatto privato e che lo stato sociale, un’esclusiva dello Stato. Recentemente, il sociologo francese Alain Touraine – uno dei più attenti osservatori del divenire della società -, ci ha avvertito che siamo di fronte a una vera e propria “fine delle società” e chiamo entrando in epoca che definisce post-sociale, dove anche i grandi movimenti sociali – penso al sindacato – che hanno segnato la storia del vivere insieme, sembrano essersi lasciati sfuggire la realtà. Lo scenario che descrive è certamente sconfortante, anche se poggia su dati realistici, da qui l’invito ad affidarsi a una resistenza etica che può ancora dare un valore al vivere all’agire sociale e comunitario.

Si discute molto di crisi della politica, dell’economia e della stessa democrazia. Le categorie della politica e del sociale sembrano svuotate di significato e non è un caso che la corruzione e la violenza, il razzismo, la xenofobia attraversino la nostra società corrose da un individualismo edonistico che ha cambiato le relazioni tra persone e situazione sociale in cui vive. Occorre veramente uno sforzo per fare in modo che il contenuto etico del riconoscersi come partecipi di un unico destino, torni a essere presente. Le istituzioni, la politica e la democrazia senza attori che rianimo la società e l’interesse alle relazioni solidali non ce la fanno.

Da questo punto di vista la Riforma del Terzo settore può aiutare.

Le linee guida presentate dal Governo fanno leva su quattro elementi:

  1. Riforma del servizio civile;
  2. Costruire un welfare partecipativo;
  3. Valorizzare il potenziale di crescita del terzo settore;
  4. Generare una serie di sostegni a chi investe sulla responsabilità sociale.

L’assunto di base è che il terzo settore non rappresenta più un’area marginale dell’economia ma ha ormai un peso importante per la crescita e lo sviluppo.

La riforma del servizio civile è sicuramente quella che presenta maggiormente i tratti di una vera e propria incursione culturale. Essa è molto importante per associazioni come la nostra che fa della finalità educativa il fondamento del suo impegno e del suo servizio. Forse bisognava avere un poco di coraggio in più e modificare in profondità il quadro normativo vigente che è confermato, anche se va rilevato che è potenziato, ampliato e maggiormente finanziato. La riforma prevede la possibilità di presentare progetti per l’inserimento dei volontari in attività adeguate per almeno centomila giovani (ora sono circa quattordici mila), per il primo triennio, tempi di servizio che permettano di non tenerli bloccati per troppo tempo e rendere attraente questo tipo d’impegno (otto mesi prorogabili di altri quattro) E’ prevista la possibilità di partecipazione degli stranieri al servizio oltre a crediti formativi universitari, tirocini universitari e professionali, riconoscimento delle competenze acquisite per facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro dei volontari.

Per la prima volta si afferma che “la difesa della Patria”, prevista dalla nostra Costituzione non sia esclusiva del servizio militare, ma che deve essere declinata nel servizio alla comunità (ambiente, beni storici e artistici) e alla cura delle persone più deboli. Le battaglie condotte dagli obiettori di coscienza, dai pacifisti, dai non violenti finalmente sono riuscite ad aprire un pertugio importante e indicativo.

Significativo è l’obiettivo di puntare a costruire un nuovo welfare partecipativo capace di coinvolgere le persone, le associazioni e gli enti intermedi nei processi decisionali delle politiche sociali. ll fine è «ammodernare le modalità di organizzazione ed erogazione dei servizi, rimuovere le sperequazioni e ricomporre il rapporto tra stato e cittadini, tra pubblico e privato, secondo principi di equità, efficienza e solidarietà sociale».

In questa direzione si punta sulla valorizzazione del potenziale di crescita e di occupazione del terzo settore e dell’economia sociale, attraverso nuove forme di premialità e d’incentivazione della cultura del dono.

Si punta con apprezzabile decisione a far decollare l’impresa sociale con uno specifico fondo, ampliando le categorie dei lavoratori svantaggiati e riconoscendo le cooperative sociali come imprese sociali di diritto e sostenere la qualità del lavoro sociale nella prospettiva di far crescere l’occupazione di qualità.

Infine si prevede l’istituzione di una «Authority del terzo settore» e di coordinare «la disciplina civilistica, le singole leggi speciali e la disciplina fiscale, con la redazione di un Testo unico del Terzo settore.

E’ ora importate seguire gli sviluppi normativi delle linee guida e approfondirne i contenuti. Va comunque colto il segno di una svolta che può aiutare a far capire che la ricchezza è cosa diversa dai soldi e che la crescita non si può misurare solo con il Pil. Nel contesto attuale, in cui la “ questione sociale” si presenta in termini diversi da quella del passato e che tende sempre più a legare i problemi del sociale a quelli ecologici e educativi, continuare a usare un unico sistema di contabilità è inadatto ad affrontare le questioni d’avvenire della nostra società. Oggi bisogna tornare a ciò che conta per le persone: qualità della vita, qualità relazionale, qualità ecologica. Bisogna convincerci che siamo arrivati ai limiti di un modello di sviluppo e che occorre iniziare a seminare nuove possibilità.

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