Scritto da Savino Pezzotta

E’ una soddisfazione vedere che un riconoscimento importante è assegnato a uno dei tuoi e indirettamente alla tua associazione, ma, dato lo spirito di Educatori Senza Frontiere, dobbiamo cercare di utilizzare questo momento di gioia per educarci, per riflettere sul senso e il significato del nostro comune impegno. Rosario ha dato testimonianza dello spirito che anima Educatori senza frontiere e di come si declina concretamente nell’agire e nella vita, di questa testimonianza gli dobbiamo essere grati.

L’apporto di chi scrive, rispetto a Rosario, è sempre stato molto debole per una serie di circostanze e di prudenza, ma ha sempre cercato di stare in linea con gli obiettivi che il gruppo si era dato.

Da molti anni seguo le problematiche della cooperazione internazionale, ma ultimamente la lettura dei fatti e dei dati sulla situazione del mondo che un tempo m’indignavano, ora mi obbliga a riflettere e a pensare al perché le disuguaglianze invece di diminuire tendono a consolidarsi, a divenire sempre più strutturali. La mia riflessione tende sempre più ad attestarsi sulla critica all’economia del neoliberista. A volte mi viene da pensare che la paura del marxismo ci abbia obbligati a non valutare la criticamente il sistema economico in cui vivevamo, ma oggi, anche se siamo un poco in ritardo, lo possiamo e lo dobbiamo fare.

Questo modello di economia che ha esaltato il mercato come unico regolatore, ha finito per depotenziare il ruolo del sociale e della politica, precipitandoci in un individualismo aggressivo e autoreferenziale.

La crisi attuale diviene pertanto occasione per ricercare una prospettiva dalla quale sia possibile costruire nuove forme di resistenza umana, capaci d impedire che i molteplici processi di disumanizzazione si coagulino e diventino modello e sistema.

Educatori senza Frontiere ha scelto il terreno difficile dell’educazione, ed è su questo terreno che ci si è impegnati in percorsi che attraverso l’educare educhino.

Nel nostro pensare e nella nostra prassi predomina l’idea del dono, non inteso come un dare ma come un modo e una disponibilità del vivere, o, per meglio dire, come segno della gratuità che coinvolge tante persone nel volontariato, negli atti piccoli o grandi di solidarietà, d’incontro e di condivisione.

Molte volte si pensa che donare sia un dare magari in attesa di un ricevere, di uno scambio. Nel nostro agire e stare insieme, di cui Rosario è testimonianza, ci siamo resi conto che non può essere così. Non si dona per ricevere gratitudine o riconoscimento, ma per specchiarsi nel volto dell’altro e riconoscerlo come altro che nel suo presentarsi diventa egli stesso dono per me e mi fa scoprire la reciproca libertà e libera da ogni esigenza di beneficio.

La crisi che stiamo attraversando non è solo crisi economica, è anche profondamente umana. Il nostro obiettivo è di uscire dalla crisi non tanto perché abbiamo aggiustato i conti, ma perché abbiamo riscoperto la dimensione dell’incontro, dello stare insieme nella scambievolezza amorevole. La tempesta della crisi ci fa soffrire e nello stesso tempo ci invita a un impegno per far rifiorire la parte più bella dell’essere umano.

Il compito che ci attende non può che essere questo, ed è in quest’orizzonte che iscriviamo la dimensione del volontariato.

Di fronte a un riconoscimento c’è sempre il rischio di cadere nel panegirico o nella retorica buonista. Molte volte ne esaltiamo la figura per non essere chiamati allo stesso esercizio.

Vorrei rimanere con i piedi per terra e cercare di tratteggiare la figura del volontario come persona normale e pertanto capace di contribuire al crescere di una possibilità cui tutti, seppur in forme diverse, siamo chiamati e che sono dentro le radici della nostra umanità. Ho sempre pensato che l’essere dell’uomo stia dentro la dimensione del dono e della cooperazione con l’altro e per crescere insieme ed esercitarsi in un educare che è anzitutto un educarsi.

Prendersi cura della persona significa entrare in una relazione paritaria con l’altro, è la disponibilità a farsi contaminare e a divenire te stesso, altro. E’ immergersi in un cammino che non chiede di abbandonare l’interesse, ma che si fa interesse per forte amore verso la vita, la giustizia e la solidarietà.

 

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