Scritto da Daniela Sangiorgi

“Noi non esistiamo senza una casa e la casa non esiste senza di noi”, con questa frase suor Anna mi ha colpito al cuore, parlando dei ragazi di strada e dell’importanza della casa, dell’accoglienza, dell’amore familiare che e’ venuto loro a mancare. Gli avevamo chiesto una testimonianza per l’ultimo giorno di formazione con gli educatori del posto, a lei che e’ sempre cosi’ accogliente con tutti, che ha una parola buona in ogni situazione e nella sua dolcezza riesce ad essere anche ferma e decisa.
Sono stati due fine settimana importanti quelli dedicati alla formazione, all’incontro con gli educatori, con i volontari, con gli insegnanti che lavorano qui alla Casa Exodus di Nyagatare, due fine settimana che sono serviti tanto anche al nostro gruppo, per metterci alla prova, confrontarci e sentirci davvero educatori… Senza Frontiere!

Il conoscersi e il presentarsi iniziale attraverso alcune attivita’ simboliche (da dove vengo, la strada che mi ha portato fino a qui) subito hanno fatto venir fuori le storie di dolore, sofferenza, morte, di molte delle loro vite di bambini, in una terra colpita dal genocidio. Ma ogni storia poi aveva un risvolto di speranza, una luce che ha cambiato le cose, che ha dato la forza di andare avanti ed arrivare  a questo punto.

Ci siamo specchiati negli educatori che avevamo di fronte, alcuni di loro ragazzi come noi, anche molto piu’ giovani, la cui formazione e’ stata la strada e che cercano in tutti i modi di trasmettere ai ragazzi della casa che c’e’ una possibilita’, che anche loro possono farcela.

Il confronto sulla parola educazione e la differenza con l’insegnamento, le quattro ruote (sport, arte, lavoro e volontariato), che lette da subito in chiave pratica hanno stimolato il nascere di idee e di progetti per il futuro, per attivita’ da fare con i ragazzi.

E poi ancora: l’importnza del gruppo, il lavoro con gli altri che prevede un confronto continuo, un continuo sentirsi in cammino.

L’ultimo incontro lo abbiamo dedicato alla casa e all’accoglienza, gesti semplici, ma ricchi di significato, ci hanno fatto capire quanto sia difficile prendersi cura dell’altro e farlo nel modo migliore per lui, non per noi.

E’ stato importante per renderci conto in prima persona di quanto cammianre l’uno verso l’altro, con educatori diversi da noi, dal nostro modo di fare e di essere, sia difficile, molto piu’ difficile di quanto non sia l’incontro con i ragazzi o con i bambini della scuola dove facciamo animazione.

La formazione ci ha unito molto, ci ha unito agli educatori del Rwanda e ci ha unito molto anche tra di noi, educatori diversi, su strade diverse, che stanno condividendo questo viaggio meraviglioso.

Siamo in Africa e allora il nostro ultimo incontro non poteva non finire con una danza, un battere di mani e un insieme di voci festanti per ringraziarci e per farci capire che possiamo camminare insieme, aspettacdoci e venendoci incontro un passo dopo l’altro.

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