Ogni viaggio porta con sé delle ragioni, questo viaggio peruviano porta con sé la voglia di incontrarsi ancora. Con chi? Come? Ho incontrato me stessa di qualche anno fa, ho incontrato poca gente, ma ho guardato in giro, un pò con i miei occhi, un pò con gli occhi delle mie compagne di viaggio o forse dovrei dire con le padrone di casa.
Ho ascoltato molto in questi giorni, loro vivono qui da mesi, la città di Cuzco le ha accolte per passare 10 mesi di servizio civile e loro stanno cercando di comprendere un complicato Perù e soprattutto stanno cercando di capire quello che ogni giorno abita i loro giorni.
Com’è difficile fare delle scelte, come diventa insidioso riconoscersi adulte e chiamare tutto con il proprio nome. In questo Perù tagliato dal vento e accarezzato dal sole ci facciamo stupire dalle contraddizioni, dalla signora anziana che trascina i suoi sacchi bianchi, giganti, misteriosi e da tutti quelli che le passano di fianco e non comprendono e non vedono e non sanno dove si trovano.
Nel film “i diari della motocicletta” ad un certo punto si mostra un’immagine del Macchu Picchu e Che Guevara dice: come si è potuti passare dalla bellezza inspiegabile delle abilità di un popolo attraverso la pietra e la natura, al caos di questo? E appare in tutta la sua confusione un’immagine di Lima.
Come si è potuto? Dove sta il confine tra quello che è un dato di fatto e ciò che diventa ingiustizia?
Nessun volontario al mondo potrà mai combattere le ingiustizie, mi ripeto, nessun progetto di cooperazione potrà forse portare un reale sviluppo, ma noi cosa stiamo facendo?
Riusciamo ad incontrarci e a vederci ancora? Lo so, oggi è proprio un diario con troppi quesiti e un eccesso di confusione, ma i viaggi sono anche questo, motivo di mettersi di fronte alla pagina bianca e farla diventare occasione di rilettura. Dalla finestra del salotto si vede la montagna diventata ormai quartiere che segue quartiere e luci bianche e gialline e silenzio nella sera. Da qui vedo la scuola per l’infanzia e ascolto i canti del mattino, aspetto che Margherita esca per andare al lavoro, magari da qui esco e con un taxi da tre soles arrivo fino al centro e assaggio la città attraverso il pollo alla brace e la gente che guarda la gente che chiede alla gente.
A volte il viaggio ci serve solo per metterci in pausa, a volte serve per stupirsi di come si sia vicini anche quando si è lontani e di come il tempo sia solo una questione di percezioni e di quanto il presente sia vissuto superficialmente, perché il passato sembra più interessante e il futuro troppo preoccupante. Oggi ho deciso di vivere il presente dei colori dei mercati e del fritto e bollito e del mais e del maiale. Di cosa abbiamo bisogno veramente? Forse solo di incontrarci e se dev’essere tra le Ande che tolgono il fiato, che sia.

Gabriella Ballarini

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