Scritto da Matteo Cortesi

Più volte in questo mese qui in Madagascar ho pensato a questa parola, “ Quotidiano” e mi sono con-frontato con essa. Il passaggio da quello che è la novità dell’arrivo al vivere questa quotidianità con la consapevolezza che ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo mi ha chiesto di imparare a vivere il tempo della comunità in modo diverso. Accettare che il tempo è tempo, e la routine non è una sola ri-petizione ordinaria di azioni ma c’è di più.

il quotidiano che rimane e contiene,
il quotidiano che finisce e apre nuovi sguardi,
il quotidiano che diventa metamorfosi ogni giorno.

Un “ Buongiorno” ad Angelo alla mattina,
una camminata nelle risaie,
i sorrisi di prima mattina dei ragazzi di Ambalaki,
la colazione con le mie compagne di viaggio,
le scarpe sporche di terra rossa,
il mio nome “ Matteòòò” urlato dai bambini della Maternelle,
una partita di calcio al SE.MA.FI.

Non serve un “E poi?”, non c’è bisogno dell’esclusività anche se a volte questo mondo sembra ucci-dere la semplicità, sembra che le giornate diventino prigioni e bisogna assolutamente aspettare il week-end per “vivere”. Non voglio dare a queste parole quel contorno di vittimismo velato piuttosto ribadire che qui mi sto accorgendo quanto la giornate si riempiano senza nessuna ricerca e che si può “ esplo-rare” ogni giornata partendo da noi. C’è tutto l’educativo in questo, lontano da forme estetiche del vo-lontariato come “salvatori del mondo” e più vicino alla certezza che in fondo come educatore e ragazzo di ventidue anni sono qui per imparare.

Questa mattina alle quattro, ho avuto il turno in cucina, ho pulito il riso con T., aspettando l’ora di co-lazione mi sono seduto con alcuni ragazzi intorno al fuoco….Inizia una nuova giornata qui ad Amba-lakilonga.

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