Scritto da Gabriella Ballarini

Già nell’anno 2010, sul territorio di El Paraiso (Honduras) si parlava di un’esigenza importante, creare una casa dove si potessero accogliere donne vittime di violenza. Perché questo è uno dei problemi più stringenti di questo Honduras che si spinge dalla costa alla montagna, un Paese che vive in un’eterna primavera e che necessita di essere compreso e scrollato. Politiche corrotte ed interessi economici deviati hanno contribuito nella storia del paese alla creazione di una serie di emarginazioni diversificate con gradi di complessità che si intrecciano e ai quali non sempre è facile dare una risposta socialmente accettata. Uno di questi problemi è quello della figura della donna, valorizzata e distrutta la donna vive la sottile e crudele violenza che si consuma tra le pareti domestiche traducendosi spesso in violenza fisica e in abbandono. Aprire una casa che possa accogliere queste donne è una novità sul territorio, le donne del luogo hanno accolto con entusiasmo l’idea creando da subito una rete d’appoggio per essere pronti all’apertura. Un anno e mezzo fa, dopo una visita di don Mazzi e dell’associazione Educatori senza Frontiere (ESF), l’idea ha cominciato a farsi concreta, la casa aveva un terreno dove essere costruita e Famiglia Cristiana avrebbe supportato il progetto in memoria di don Zega che ha sempre avuto a cuore quella parte di mondo più bisognosa di aiuto e solidarietà. Il grande albero dà il benvenuto a chiunque arrivi alla casa che oggi, 18 mesi dopo il primo sopralluogo, sta per essere tinteggiata di giallo e azzurro, colori che caratterizzano  le stanze delle ragazze e dei loro bimbi che entreranno in una casa, non in un centro o in un parcheggio. Le case che nascono dentro la Fondazione Exodus, infatti, sono luoghi in cui vivere e dare un senso ad ogni gesto. I piccoli nuclei famigliari e le donne che entreranno, saranno inseriti in un vero e proprio progetto educativo individuale e di gruppo, perché è necessario che il tempo che tutte loro trascorreranno nella casa sia un tempo significativo, un momento di riflessione, cambiamento e riscatto. Non avrebbe senso donare un rifugio senza pensare al momento in cui si tornerà al mondo, senza lavorare sull’oppressione e sulla personale rinascita di ognuno.
Manca poco alla conclusione dei lavori, prevista per questa primavera 2012. Nel mese di Gennaio un incontro formativo organizzato da Educatori senza Frontiere dal titolo “Significati all’interno della rete: educazione, persone e risorse” ha introdotto alla rete locale l’idea educativa che sottende la prossima apertura della casa. L’ufficio della donna, la responsabile municipale dell’infanzia e numerose volontarie impiegate nella scuola e nelle istituzioni si sono rese disponibili a supportare le educatrici di ESF che arriveranno dall’Italia per dare il via all’attività della casa sempre in strettissima collaborazione con gli operatori locali. Il loro arrivo è previsto per il mese di aprile e si appresteranno, con il supporto della psicologa dell’ospedale, anch’esso di nuova apertura, all’accoglienza delle donne che faranno richiesta nei prossimi mesi. L’idea della rete d’appoggio è fondamentale per svariate ragioni: la conoscenza della cultura dall’interno e quindi la possibilità di fornire informazioni cruciali per la cura dei figli e la struttura famigliare, un riconoscimento della struttura da parte della comunità e quindi un’accoglienza più positiva del progetto che viene vissuto non come un’ “imposizione straniera”, ma come un’iniziativa partecipata e voluta a livello locale. Fondamentale resta l’idea che un giorno questo progetto verrà completamente delegato a livello locale, come tutti gli altri progetti supportati da ESF.

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