Lettera di Tiziana Meretto (Cooperante in Senegal)

Caro Babbo Natale.
Direi che é parecchio tempo che non ti scrivo.
Ma adesso, più che mai, sento la necessità di scriverti e di chiederti un regalo per questo Natale che, dopo tanto tempo passero’ di nuovo con la mia famiglia.
Ed é forse questo il punto.

Fra qualche giorno mi appresterò’ a fare un viaggio, verso nord per tornare a casa, o almeno una delle mie case.
Penso che tu, Babbo, tu mi possa capire bene visto che anche nel tuo caso il lavoro ti ha portato a viaggiare, migrare, anche se per poco tempo a differenza di me che, ormai, viaggio da tanto tempo.
Ma purtroppo, ancora oggi, noi possiamo rientrare nel gruppo di persone che possono muoversi liberamente, senza restrizioni, senza limiti.

Per questo Natale, vorrei avere un po’ di resilienza da distribuire a tutte quelle persone che non vogliono partire, ma sono obbligate a farlo, per tutta una serie di motivi.
Vorrei avere un po’ di accoglienza per chi avrà l’occasione di incontrarle queste persone durante il loro cammino, e possano accoglierle, senza se, senza ma.
Vorrei avere un po’ di coraggio per le persone che invece non possono partire o, forse, non vogliono partire da casa loro e decidono di continuare a stringere i denti.

Vorrei avere un po’ di forza per chi, come me, decide di mettersi a fianco di queste persone per cercare di farcela e, magari, provare a cambiare almeno un po’ le cose.
Vorrei avere un po’ di Luce per quelle persone che continuano a navigare nel buio della paura, del rifiuto, della chiusura e che non gli permette di capire la ricchezza di questo movimento, di questo spostamento di persone, di storie, di vite.

Perché ancora adesso, nonostante tutte le sofferenze e le tragedie che si consumano nelle frontiere e negli avamposti, molti non capiscono ancora che se una persona decide di lasciare casa sua é perché forse é costretta o, forse, vuole solo andare verso l’Altro, vuole scoprire, vuole vivere.
Perché ancora adesso ci sono persone che possono permettersi di migrare, di scoprire, di esplorare. Pochi.
Molti ancora sono considerati illegali, clandestini.
Caro Babbo, per questo Natale che per me profumerà di biscotti e legna sul fuoco, vorrei che le persone capissero che migrare é un diritto di tutti, come anche é un diritto tornare o restare nella propria casa, vicino ai propri cari.

Vivere lontano da casa non è per tutti.
Devi avere un cuore grande, abbastanza grande da impacchettare tutto quello che ti lasci alle spalle:
Gioie e dolori, amici e amori.
Questo bagaglio del cuore batte anche quando tocchi un pavimento che non ti appartiene o quando ti sdrai su un materasso che non ha la tua forma e un cuscino scomodo, e guardi il soffitto chiedendoti dove stai andando?
Amici che non sono tuoi, una città che non è tua.
Devi avere un cuore grande, abbastanza grande per fare cose nuove.
Un cuore che a volte teme che gli altri ti abbiano dimenticato, perché il presente ha preso il sopravvento sulle loro vite.
Un cuore grande, ma non troppo forte… e poi si ferma lì.
allora è lì che si ferma.
È in arresto, ti confonde e non sa chi sei.
Così ti sdrai sul materasso che ora ha sofferto un po’ del tuo peso, e il cuscino è più morbido da un lato e ti chiedi chi stai diventando oltre a chiederti dove stai andando?
Perché quando si parte, più che andare verso un luogo, si va verso una destinazione, la propria.
Siamo fatti di cose diverse, chi non l’ha vissuto non lo capisce…”
– Emmanuel Excequiel Noriega

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