Scritto da Nicoletta Biga

Sono seduta su una sedia vicina al guardiano della chiesa ortodossa di Berat, a sud dell’Albania.
Sono arrivata da un paio di giorni, il mio servizio civile è iniziato e ancora non mi sembra vero.
Non so il suo nome, ma mi ha vista con lo zaino in spalle e mi ha invitato a visitare la chiesa, poi ha portato fuori una sedia e l’ha messa vicina alla sua, esortandomi a sedere . Non so ancora la lingua, mi pare che tutte le parole si fondino in un unico suono.

Sono qui e sono seduta vicino ad uomo dagli occhi celesti e i capelli argento, non parliamo ma osserviamo quello che c’è, come è.

È novembre e una leggera pioggia mi bagna il viso mentre la città con i suoi colori chiari si rispecchia sul fiume Ossum. La vita è scandita dal ritmo del sole, il tramonto spegne ogni cosa anche il lavoro termina e le donne tornano a casa. Ne ho incontrate parecchie in questi giorni. Mi abbracciano e sono felici che io sia qui. Sono giovani ma dimostrano almeno dieci anni di più e io non smetto di chiedermi il perché. Si sposano e il matrimonio dura giorni , è una grande festa in cui il raki e la musica e il ballo sono i protagonisti. Poi a volte col passare del tempo i mariti iniziano a bere un po’ troppo e le mogli cercano di trasformare in realtà il sogno di una vita normale.
Vorrebbero andarsene via dal proprio Paese e ne parlano seduti al bar bevendo uno di quei lunghissimi caffè che può venire sorseggiato addirittura per un’ora intera.

Il loro Paese, l’Albania, che nonostante amano così tanto. L’altro giorno era la festa della bandiera e tutto era colorato di rosso e nero, le bandiere, i negozi, i visi della gente.

Siamo qui, seduti, insieme. Siamo spettatori di uno spettacolo a cui solo chi si ferma è invitato, quello dei bambini che giocano per le strade trasformando il niente in tutto.
I loro piedi sono veloci e vivaci e alcuni indossano scarpe calde, altri ciabatte rotte. Ogni tanto provano ad insegnarmi l’albanese e io gioco con loro a “Ce l’hai!” e ad “Lapa do lapa”. Vedono il mio piercing al naso e si stupiscono, lo vogliono toccare, gli sembra davvero una cosa davvero molto strana.
Ieri camminavamo insieme lungo le strade del quartiere, il ritmo era lento ed io non riuscivo a tenere il passo, andavo sempre un po’ più veloce di loro.
Siamo qui seduti vicini e osserviamo. Ora è solo tempo di osservare.

Condividi su: