Scritto da Marta Driadi

E non risparmiargli domande ad alcuna risposta,

se riguardano la vita,

ossia la tempesta prima della quiete.

Wislawa Szymborska

Luglio 2016. Volevo partire. Viaggio umanitario, culture sconosciute, voli lunghissimi. Non sapevo dove volevo andare né a fare cosa, ma partire subito mi sembrava la migliore idea che avessi mai avuto in vita mia. Una volta contattato ESF mi è stato risposto che le cose non funzionavano esattamente e che a novembre sarebbe partita la formazione, prerequisito fondamentale per poter valutare l’idea della partenza. Solo dopo il primo weekend di formazione ho capito realmente la risposta che avevo ricevuto e ho realizzato che il mio viaggio era iniziato quel sabato mattina appena varcata la porta di ESF. Un viaggio in cui il mio bagaglio era fatto di esperienze vissute e di domande, in cui la strada da percorrere si fa a piedi e non in aereo, in cui anche se sei seduta in una stanza e non ti muovi di un centimetro, attraverso un foglio e una penna puoi fare mille chilometri dentro te. Così il viaggio, inteso come partire verso una delle mete di ESF, ha cambiato significato. È diventata una scelta consapevole e di responsabilità, un tempo di servizio donato all’altro che parte, e forse anche finisce, in un tempo dedicato alla ricerca di me e in me. Don Mazzi scrive che “essere sulla strada esige autoeducazione: educare se stessi per educare gli altri”; questa frase la ritrovo nell’agire educativo di ogni giorno e nella necessità di nutrire se stessi, necessità che viene prima di tante tecniche o attività educative all’avanguardia. Per me ESF è un momento di autoeducazione, è riflessione e consapevolezza, è sentire che ti viene dedicato del tempo da chi cura la formazione e dal gruppo che percorre la strada assieme a te, è collezionare sensazioni buone, è scoprirsi e raccontarsi attraverso le parole, i gesti, i disegni, le canzoni. E’ il gruppo che diventa parte del tuo cammino, in cui ti conosci attraverso gli altri, in cui scopri un linguaggio comune e la bellezza profonda del vivere assieme le cose scelte e non imposte. Sono io che, se mai mi ritroverò a sottolineare alle persone con cui lavorerò l’importanza del creare gruppo e del riconoscersi in esso, lo dirò con una consapevolezza del tutto diversa perché arriverà dalla mia pelle, dal mio vissuto, dal mio essermi resa educabile. E’ con questi pensieri che mi sono iscritta alla formazione permanente, con questi pensieri ho trasformato la meta del mio viaggio e anche un piccolo pezzetto del mio modo di vedere le cose.

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