Scritto da Franca Fallico

“Apriamo strade impossibili”, la prima volta che ho letto questa frase mi sono chiesta: “ Come si possono aprire delle strade se sono impossibili?” L’ho capito il 18 luglio 2015 quando alle ore 5 all’aeroporto di Linate ho conosciuto la mia tutor, e ancora meglio me ne sono resa conto quando sono arrivata in Madagascar ad Ambalakilonga.

La mia tutor, che dire di lei? Si è presentata all’aeroporto con tre orzaioli all’occhio. Un occhio che una volta arrivati ad Ambalakilonga si è ridotto in uno stato pietoso. Giorno dopo giorno, approfondendo la sua conoscenza ho capito che tutto ciò che noi essere umani riteniamo impossibile, può essere reso possibile da persone impossibili. Ed impossibili in questo caso non ha un significato negativo, al contrario sono impossibili tutte quelle persone che credono fortemente in qualcosa e per quel qualcosa lottano contro tutto e tutti. Non conoscevo Cristina Caruso se non per averne sentito parlare. Non l’avevo mai vista prima e con lei non avevo mai condiviso nulla, neppure una battuta. Pertanto, credo come ogni Esf, quando mi è arrivata la mail con la destinazione e l’assegnazione del tutor, ero perplessa e preoccupata. Mi sono proprio detta: “ Chissà come sarà? Chissà se mi troverò bene?”. Io a maggior ragione, non essendo più così giovane, temevo che la mia età avrebbe potuto rappresentare un ostacolo, un ostacolo non dettato dagli altri, non dal gruppo, non dalla tutor, non dalle persone che avrei incontrato durante il mio viaggio; un ostacolo creato esclusivamente da me, dalla mia paura di potermi sentire inadeguata, fuori posto, incapace di fare parte dell’ingranaggio perfetto di cui ha parlato Clara, la mia compagna di viaggio. Così non è stato. La tutor è stata capace di creare un gruppo coeso, forte, dinamico, capace di ridere ma anche di impegnarsi seriamente nelle varie attività a cui siamo state destinate.

Nonostante il grave problema all’occhio, e quando dico grave credetemi non esagero. Avete presente un occhio gigante, pieno di sangue e pus, beh questo era l’occhio di Cristina Caruso. Inguardabile. Che fosse inguardabile non gliel’ho detto per non ferirla troppo 😉 ma questo era!

Nonostante ciò, non si è fermata un attimo. Ha organizzato le nostre giornate, ci ha aiutato a conoscere il territorio, ci ha accompagnate al mercato. Camminare in un mercato polveroso con un occhio in quelle condizioni da pieno senso alla frase “aprire strade impossibili”, da un senso al valore del gruppo, all’importanza che viene data all’altro mettendo da parte il proprio malessere e il proprio desiderio di sdraiarsi in un letto ad occhi chiusi. Lei non si è fermata, non ci ha mai fatto pesare per un attimo il suo malessere, sempre pronta ad ascoltarci e a soddisfare ogni nostra richiesta. In questo viaggio le parole “altruismo, condivisione, cura dell’altro” hanno predominato sempre. Cristina Caruso ha saputo giorno dopo giorno anche attraverso un sorriso, una battuta, un passo di danza, una nota della canzone di “Nina Zilli”, trasmetterci il significato di questo viaggio, il significato intrinseco di quello che dovrebbe essere “educatori senza frontiere”. Educatori senza frontiere non deve finire qui, ma continuare, ognuno di noi tornato a casa deve essere un piccolo educatore senza frontiere, un pezzettino di qualcosa di più grande, il pezzettino di qualcosa che se unito ad altri è in grado di “aprire strade impossibili”.

Ambalakilonga è un oasi di pace, un posto magico ma questo non deve trarre in inganno e fare pensare che qui sia tutto facile. Coordinatore e tutor lottano ogni giorno per far si che ai ragazzi non manchi nulla e vivano il più serenamente possibile. Ad Ambalakilonga le difficoltà sono molte, ma vengono sempre affrontate con coraggio e con il sorriso. Tutti rinunciano a qualcosa per il bene di qualcun altro. La tutor ci ha accompagnato per tutto il percorso con il sorriso e con dolcezza (vi sembrerà strano ahahahha) ci ha aiutate a non perdere di vista il motivo per qui siamo venute qui. Ogni giorno ci ha ricordato l’importanza di un goccio d’acqua sprecato, di un granello di riso lasciato dentro il piatto, di un cerino sciupato per distrazione. Sono molto più grande di lei, ma mi ha insegnato tanto. Quando tornerò a casa io sarò diversa. Cose che prima ho sempre dato per scontate ed ho trattato con superficialità e arroganza, avranno un valore diverso. E questo grazie alla tutor che mi ha aiutata a comprendere e riflettere. A volte per capire certe cose si ha bisogno di qualcuno che ci aiuti, io ho avuto la fortuna di incontrare questo qualcuno.

Ad Ambalakilonga è una difficoltà anche prendere l’auto e andare a fare le commissioni. Si tratta di un auto vecchissima che per problemi economici non può essere cambiata. Un auto che non parte se non a spinta. Un auto che rischia di fermarsi ogni volta. Eppure lei si mette in macchina e parte per la sua destinazione, che sia notte o che sia giorno lei parte, incauta di quello che potrebbe succedere se restasse ferma alla sera da qualche parte. La mia tutor è cosi, crede nelle strade impossibili e continua a percorrerle, ad andare avanti.

Avrei potuto parlare di tante, tantissime altre cose in questo articolo, ma ho avuto voglia di parlare della mia tutor. E’ soprattutto grazie a persone cosi se si può andare al di là di quelle strade che molti per convenienza definiscono “impossibili”.

Ognuno di noi dovrebbe andare oltre a ciò che si vede con lo sguardo e a ciò che si sente con le orecchie, ognuno di noi non dovrebbe perdere di vista il cuore, il cuore andrebbe ascoltato e seguito . Non è sufficiente indossare magliette con scritto “Apriamo strade impossibili”. Io per prima mi auguro di non dimenticare quello che ho visto, che ho vissuto, che ho imparato. Io mi auguro soprattutto che la frase “Apriamo strade impossibili” sia impressa sulla mia anima, direttamente sulla pelle e questo mi permetta insieme a molti altri Esf e non Esf di aprire attraverso gesti concreti e non solo parole “strade impossibili”.

I messaggi che mi ha dato il mio tutor mi accompagneranno per sempre, e credo lei di questo non sia neppure resa conto. Continuerò a percorrere “strade impossibili” e spero in quelle strade di incontrare tante altre persone come te Cristina.

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