Scritto da Valeria Carraro

“Sei pronta?” questa è la domanda che tutti mi facevano prima di partire. Rispondevo sempre “si”, ma in realtà la risposta dentro di me era “non lo so”. Non sapevo cosa significasse essere pronta per un’esperienza come questa.

Nella mia vita quotidiana cerco sempre di avere tutto sotto controllo, di programmare ogni cosa, ma questa volta no. Questa volta ho deciso di fare tutto il contrario: sono partita senza pormi troppe domande, senza aspettarmi niente. Desideravo che il mio viaggio fosse ricco di sorprese, non volevo vedere cose diverse da come le immaginavo, ma cose che non avevo mai immaginato.

E così sono partita, ho portato con me un bagaglio vuoto che piano piano si sta riempiendo di emozioni, sorrisi, sguardi, mani, cose belle e brutte, cose che non avrei mai voluto vedere e cose di cui non avrei mai immaginato l’esistenza.

Oltre a tutto questo, porterò a casa con me tantissime domande, molte più di quelle che avevo prima di partire. Ogni cosa che vedo mi suscita domande. Vedo bambini che esultano, travolti da una gioia immensa, dopo aver saputo che la sera avrebbero mangiato il pane.

Vedo bambini che mi accerchiano mentre disinfetto la ferita di un loro compagno e incuriositi mi mostrano tutte le loro ferite perché vogliono essere medicati anche loro.

Vedo bambini di 6 anni, che ancora non sanno leggere, che pur di studiare mi portano libri dei loro amici di 8 o 9 anni.

Mi chiedo come questi bambini possano entusiasmarsi tanto davanti ad una palla fatta di stracci ricoperti da giornali legati insieme da stringhe.

Mi domando come sia possibile che questi bambini siano così felici di avere dei colori per disegnare e vedo l’entusiasmo e l’impegno che mettono in ogni cosa che fanno, dalla più banale alla più impegnativa, dalla più piacevole a quella che nessuno vorrebbe fare.

A fronte di tutto questo la domanda che più mi sorge spontanea è: CHI SONO I POVERI? Loro, che pur non avendo niente, si entusiasmano per ogni piccola cosa, o noi, che non riusciamo ad apprezzare tutto quello che abbiamo e perdiamo ore e ore della nostra vita a lamentarci?

Loro, che quando afferrano un pallone sembra che abbiano in mano il mondo intero, o noi, che ci arrabbiamo perché un esame ci è andato male o perché abbiamo preso una multa?

Questa è la domanda che da quando sono qui rimbomba ogni giorno nella mia testa, sempre più forte, ed è sempre più difficile ignorarla.

 

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