Sono le 5.00 del mattino, sento la cerniera della giacca sulla quale dormo conficcata nella schiena, le mie tre compagne ancora dormono, chissà cosa staranno sognando. Il padiglione dell’Umbra Fiere si sveglia a scatti, prima uno, poi cento, poi tutti quanti. Le bandiere arcobaleno legate tra loro, legate alla vita, assicurate allo zaino, attorno alla testa. E poi disegnarsi il simbolo della pace sulla guancia destra e sulla sinistra scrivere “peace” che in inglese pare faccia più effetto.
E poi siamo lì, a ponte san Giovanni e tutti che aspettano che la marcia passi, per stare più vicini, perché vogliamo cantare, noi, oltre a camminare, e la musica arriva, forte e chiara Frenkie Hi-Enr dice: “Potere alla parola!” e Simona che era un secolo che non lo sentiva.
Educatori senza Frontiere era lì, camminanti e concentrate, a guardarci attorno sperando di non perdere nemmeno un momento di quell’importante cinquantesimo della manifestazione pensata da Aldo Capitini e di cui noi tutti oggi abbiamo la responsabilità.
Abbiamo camminato perché è nel nostro dna, nel nostro modo di vedere la vita, di veicolare il nostro messaggio: nell’itineranza sta il cuore dell’avventura educativa.
Adolescenti, carrozzine, brizzolati e senza età, tutti in marcia con il sorriso, la bottiglietta dell’acqua da riempire ad ogni fontana perché il sole a picco ce lo ricorderemo quando parleremo delle ore trascorse tra Perugia ed Assisi. Ci ricorderemo degli striscioni che urlano libertà, liberazione, rivoluzioni pacifiste, pacifiche conquiste.
Ci ricorderemo del dolore dei racconti di morte delle troppe guerre senza vincitori e delle persone che ci chiedono curiose: ma voi chi siete? Che cosa fate? Chi sono gli educatori senza frontiere? E noi lì a spiegare, felici di dare finalmente un volto ad alcuni nomi letti solo sull’intestazione di un’e-mail, noi insieme per non perdere il senso della fatica di arrivare alla meta e poi spostare l’orizzonte un po’ più in là.
Gabriella Ballarini

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