Ultimi giorni di Honduras, la casa stamattina è vuota e ho deciso di mettere un po’ di musica, senza i ragazzi la casa è un’altra casa, quasi insignificante.
Sono 22, a Gennaio mi sembravano più piccoli, ma si può crescere in sette mesi? Non lo so, a me sembra di sì.
Oggi mi sono seduta al tavolo e ho pensato che volevo proprio raccontarlo questo Honduras.
Le montagne attorno alla casa, il mattino con la nebbiolina che prepara il cielo al sole, la discarica che si vede dalla collinetta, il profumo di riso e fagioli la mattina, il caffè bevuto stando seduta nel patio.
Ma chi lo sa se sarei in grado, chissà se poi le parole raccontano veramente quello che stiamo vivendo, i nostri giorni di viaggio.
L’abbraccio del mattino quando insieme si inizia la giornata con le tazze che fumano calore, Giovanna che prepara la pasta a mezzogiorno, la dottora che riceve un ragazzo alla volta ed ognuno ha un pezzetto di vita da raccontare, Franco che gioca a pallone e taglia il mais e parla il suo spagnolo, Francesca che sorride e saltella e la canzone che ancora adesso i ragazzi cantano. Non lo so, non so se ci riesco. Abbiamo scritto insieme due giorni fa, parole come pietre, uno alla volta hanno condiviso, letto una pagina di storia e non lo so se è giusto piangere o trattenere le lacrime.
“Mia madre è andata via, non ho mai avuto un amico, qui ho trovato i miei fratelli, quelli sempre desiderati, lei mi sembrava non mi volesse, ma era mia madre, la droga comandava i miei giorni, ho una figlia ma la mia vita è spezzata, ho scoperto di poter essere più di quanto non avessi mai pensato, so di non essere la versione migliore di me, forse non ho mai scritto di me, io sono la prima pagina di un libro, io sono padre, sono figlio, sono nipote, ma soprattutto sono finalmente me stesso, prima di entrare qui ero assenza.”
Come posso spiegare, come posso sapere quello che c’è da dire di questi giorni passati qui? Quasi la vorrei strappare questa pagina del diario. Questo capita quando si avvicina la fine e quando la fine non ci sembra un’opzione. E allora rivisito i ricordi, Max che corre nel prato, vincere la partita di pallone, i monologhi dello spettacolo teatrale, i fagioli non solo a colazione, ma sempre, la musica solo la domenica, i dipinti di Erick, i biscotti di Jimmy, la Bibbia di Arturo, le risatine di Hector, le domande di Joheni, il silenzio di Hector Mario e la rana, la prima pagina del libro di Ivan, le traduzioni in italiano di Ariel, quello strano modo di camminare di Elias, la paura di Jimmy, gli occhiali da sole di Henry, gli strofinacci di Yuri, il broncio di Neto, il Pinocchio di Orlando, la fame di Dennis, il buongiorno di Carlos Paz, “quel tuo strano accento” di Josè Carlos, il formaggio di Juan Carlos, Francisco che non c’è mai a colazione, in bicicletta con Roberto, la curiosità di Freddy, la maschera di Nando, lavare i piatti con Aron.
Rivisitare non basta però, facciamo che questi ricordi me li porto via, li metto da qualche parte, li metto dove serve.
Gabriella Ballarini

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